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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2012 alle ore 11:00.

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Changsha (Corbis)Changsha (Corbis)

La Cina rispolvera la politica del "Go West" in versione riveduta e corretta per stimolare la crescita economica del Paese, scesa di recente ai livelli più bassi degli ultimi tre anni (+7,6% nel secondo trimestre 2012).

Ieri la città di Changsha, la capitale della provincia di Hunan, ha annunciato il decollo imminente di 195 grandi opere infrastrutturali che richiederanno un investimento complessivo di 829 miliardi di yuan (circa 105 miliardi di euro). Questa cifra colossale, hanno spiegato le autorità municipali, servirà a potenziare o a realizzare ex novo tutta una serie di infrastrutture pubbliche di cui la metropoli della Cina centrale è carente: dall'aeroporto alle ferrovie, dalle autostrade alle abitazioni popolari, dalle scuole agli ospedali.
Le nuove opere pubbliche in arrivo, oltre a migliorare gli standard di vita della popolazione locale, serviranno anche a rendere più appetibile Changsha agli occhi degli investitori stranieri. Che, già da qualche tempo, hanno individuato la capitale dell'Hunan come meta per diverse produzioni manifatturiere.
L'ultimo a sbarcare a Changsha, giusto un mese fa, è stato proprio il gruppo Fiat che in uno dei parchi industriali cittadini ha realizzato il suo nuovo impianto dove costruirà la Viaggio (una sedan che sarà lanciata sul mercato cinese, ma che in futuro potrà anche essere esportata) in joint venture con Guangzhou Automobile Group.

Ma l'annuncio del programma di investimenti infrastrutturali di Changsha potrebbe essere solo il primo di una lunga serie. Mercoledì, infatti, il Consiglio di Stato (l'organo supremo presieduto dal premier, Wen Jiabao, che detta le linee guida della politica economica cinese) ha approvato un nuovo piano per promuovere lo sviluppo delle aree centrali del paese.
«La crescita economica delle province di Shanxi, Anhui, Jiangxi, Henan, Hubei e Hunan, è di importanza strategica all'interno dei programmi di sviluppo regionale del Paese» spiega una nota diffusa al termine della riunione del Consiglio di Stato che ha dato via libera al piano.
Un piano che prevede esplicitamente lo sviluppo di una serie di settori economici considerati prioritari: la produzione di grano, l'energia, le materie prime, l'industria manifatturiera ad alto valore aggiunto.

A giudicare dai toni, sembra di tornare indietro di mezzo secolo, ai tempi della politica del Grande Salto in Avanti di Mao Tse-tung (che, tra l'altro, era originario proprio dell'Hunan). Oggi rispetto ad allora, però, c'è un fattore cruciale che fa la differenza: la Cina, intesa come Stato, è un Paese ricco con i forzieri traboccanti di valuta straniera, che ha le risorse economiche e finanziarie per realizzare davvero ciò che promette.
Ciononostante, dopo la sbornia di politiche fiscali espansive promosse nel biennio 2009- 2010 per superare la crisi economico-finanziaria globale che ha fatto lievitare il debito pubblico del Dragone (e in particolare proprio quello delle amministrazioni locali), oggi Pechino deve rispettare un vincolo di bilancio più stringente.

Per questo motivo, anziché disporre provvedimenti a pioggia come aveva fatto più volte in passato, il Governo ha deciso di destinare massicce risorse finanziarie sulle regioni centrali del Paese, vale a dire su quella sterminata area ancora sottosviluppata in grado di garantire un ritorno dell'investimento in tempi ragionevolmente rapidi.
Uno dei principali motivi d'insuccesso della cosiddetta politica del Go West, l'idea lanciata all'inizio degli anni 2000 da Jiang Zemin per sviluppare le regioni povere e depresse del selvaggio Ovest cinese, era stata proprio l'incapacità di selezionare gli obiettivi strategici della spesa infrastrutturale. Con il risultato di creare cattedrali nel deserto in luoghi remoti e sperduti, comunque lontani dalle grandi vie di comunicazione, dove alla fine non sono arrivati né gli investimenti stranieri e neppure quelli domestici.

Le province centrali, invece, grazie anche alla loro relativa vicinanza ai porti della costa, alla presenza di centri urbani già mediamente sviluppati e popolati da una classe media emergente in grado di accedere al mercato dei consumi, rappresentano sicuramente un potenziale catalizzatore per l'industria manifatturiera cinese e internazionale.

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