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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2012 alle ore 06:44.
Anders Golding, 28 anni di Aalborg in Danimarca, mirava i piattelli ieri durante la gara di tiro a volo, specialità skeet, ai Giochi di Londra, ma il suo cuore guardava più lontano. A chilometri di distanza, fino a Taranto. Così lontano dagli occhi, così vicino al cuore.
Ha vinto l'argento alle spalle dell'americano Vincent Hancock, era la prima medaglia olimpica per la Danimarca in questi Giochi, ma lui, danese dallo sguardo di ghiaccio e dai capelli di stoppa, ha avuto pensieri per Taranto, per l'Ilva e i suoi operai: «Dedico la mia medaglia d'argento ai lavoratori dell'Ilva. È un peccato ciò che succede, mi dispiace veramente e spero che la situazione si possa ancora risolvere. Non togliete a nessuno il lavoro».
Sì, proprio il lavoro, diritto di ogni uomo: il tuffo al cuore in ogni angolo d'Italia (di ieri i dati drammatici della disoccupazione al 10,8%), un tuffo violento all'Ilva da quando nel polo siderurgico sono arrivati i Carabinieri del Noe e il pool di tecnici delegato dal Gip per le operazioni di messa in sicurezza, fermata e spegnimento degli impianti. La fabbrica che chiude, la fabbrica da madre a matrigna: i muri a contenere vite che si sentono perse e obbligate tutte a ridisegnarsi una strada. Chissà come, chissà dove.
A loro ha pensato Anders Golding perché li conosce da vicino. Ogni anno, per due mesi, durante quelle che dovrebbero essere le sue ferie, l'atleta danese vive a Taranto e si allena nel poligono di tiro adiacente alla cava dello stabilimento: è una proprietà della fabbrica che è data in concessione alla locale associazione di tiro a volo. «Mi preparo – spiega Golding – con il mio allenatore Pietro Genga nel poligono dell'Ilva e vorrei dire a tutti quegli operai che il mio cuore è con loro».
Come con Golding e con le sue migliaia di colpi sono stati gli operai: chissà quante volte, nelle ore del lavoro, hanno sentito quegli spari. Un immenso spiazzo, i piattelli, due per volta che volano in aria dopo il «go» detto dal tiratore, un fucile imbracciato, il cuore che si ferma e tre secondi per colpirli entrambi. Allenamenti impossibili nei climi rigidi della Danimarca: «Da loro, a volte, si toccano i 21 gradi sotto zero – spiega l'allenatore Genga, che ha scoperto il tiro al piattello dopo una gara studentesca proprio al circolo Ilva – e non possono allenarsi. Quindi viene con alcuni nazionali danesi dalle mie parti, e spesso sono miei ospiti a pranzo e cena».
Clima caldo, in tutti i sensi, una comunione che nasce dalla quotidianità, come in fabbrica, dove si è uno e si diventa anima. E da dove si esce per dividere un piatto di spaghetti e qualche ora insieme. La fabbrica oltre la fabbrica. Un altrove come quello che Golding ha trovato a Taranto: ostriche e cozze per condire la fatica e la soddisfazione di una medaglia inseguita da tempo. Golding era stato solo 25° a Pechino nel 2008, ma non si è arreso. Lui fa il falegname a Oslo e lo sa bene: mani callose, punteruoli, raspe e sudore per piallare gli spigoli della vita.