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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 06:43.

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Da due mesi consecutivi la bilancia commerciale è in attivo. E si potrebbe dire da un quadrimestre, se non ci fosse stato l'inciampo di aprile, con un rosso di circa 200 milioni.
Una semplice curiosità statistica? Non solo numeri, ma forse qualche riflessione da fare per il sistema Italia che, in piena "austerity", sta arrancando per uscire dalla crisi.

Il risultato? Per la prima volta dal secondo semestre del 2004, i nostri conti con l'estero sono "quasi" in pareggio (per le ragioni, non tutte positive, lucidamente spiegate a fianco da Marco Fortis). Il commercio estero del made in Italy non è più "in nero" dal 2003, quando l'attivo fu di 1,617 miliardi.

Detto questo, vediamo gli altri numeri diffusi ieri dall'Istat. A giugno il saldo della bilancia commerciale é stato positivo per 2,5 miliardi, con avanzi sia per i Paesi europei (più 1,5 miliardi) sia per quelli extra Ue (con un miliardo).

Nei primi sei mesi del 2012 «il saldo commerciale, sostenuto dal forte avanzo nell'interscambio di prodotti non energetici (+32,6 miliardi), é prossimo al pareggio (meno 85 milioni)».

Al netto dei prodotti energetici si registra un avanzo pari a 32,595 miliardi di euro, al quale ha contribuito per il 70% l'avanzo nell'interscambio di beni strumentali (anche se questo mese sono arretrati rispetto alle solite performance).

«Sui mercati esteri – conferma l'imprenditore Sandro Salmoiraghi, leader di Acimit, l'associazione di Federmacchine che raggruppa i costruttori meccanotessili – si riscontra una sostanziale tenuta delle nostre vendite».

E anche il portafoglio ordini promette bene. Da aprile a giugno le nuove commesse sui mercati esteri sono state in crescita del 6% sul trimestre precedente. Si tratta però di valori inferiori a quelli del picco raggiunto nel primo trimestre del 2011.

Il risultato di giugno è dovuto al combinato disposto di due elementi. In particolare, rispetto a maggio 2012, si rileva una flessione sia per l'export (meno 1,4%) sia – ma più accentuata - per le importazioni (-5,3%).

La diminuzione congiunturale dell'export é spiegata dal calo delle vendite verso i paesi extra Ue (-2,8%), mentre l'export europeo é stazionario (-0,1%); fenomeno da non sottovalutare perchè noi vendiamo in Europa ancora il 56% dei nostri prodotti, anche se i paesi emergenti si stanno aprendo con grande progressione ai nostri prodotti.

Il significativo calo dell'import coinvolge entrambe le aree di interscambio (-5,9% per i paesi extra Ue, -4,6% per l'Europa, con diminuzioni particolarmente rilevanti per i prodotti intermedi (-5,1%) e per i beni strumentali (-9,5%).

Anche questa una sensazione confermata sul campo dalle imprese preoccupate per la situazione interna («Il cavallo non beve»), dove l'incertezza che pervade il tessuto economico rallenta qualsiasi decisione di investimento.

«In un momento di forte criticità – prosegue Salmoiraghi – risultano ancora più incomprensibili alcune decisioni governative». Il leader delle aziende meccanotessili si riferisce in particolare alla disposizione che prevede la soppressione del fondo per la realizzazione di azioni a sostegno del made in Italy nel mondo: «In un contesto già difficile – attacca Salmoiraghi – non può venire meno il sostegno del governo all'internazionalizzazione delle imprese, pena un'ulteriore perdita di competitività per tutto il sistema industriale italiano». Il secondo trimestre è infatti stato un periodo senza slancio per gli ordini del meccanotessile.
Da aprile a giugno l'indicatore degli ordinativi si è attestato a 100,7 punti (con l'indice 100 uguale al 2005), in aumento di un modesto 3% rispetto al trimestre precedente. Resta deficitario, invece, il confronto con il medesimo periodo 2011, comparazione che evidenzia una flessione del 22 per cento.

La raccolta degli ordini meccanotessili è invece in calo in Italia, dove l'indice si è fermato a 67,9 punti, in arretramento del 23 per cento rispetto al gennaio-marzo 2012. Non è quindi confermata la timida ripresa del primo trimestre.

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