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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 14:31.

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La locomotiva cinese rallenta, ma continuerà a essere il traino principale della crescita per l'economia mondiale e una fonte di opportunità di investimento e di mercato per le imprese italiane. Lo evidenzia una nota del Centro studi di Confindustria dedicata alla Cina, in cui si calcola anche la forte spinta della produttività. Negli ultimi 40 anni la produttività del lavoro, come rapporto tra Pil a prezzi costanti e occupati, è cresciuta del 1.500% e dal 2005 al 2011 dell'84%, a un tasso medio annuo del 10,7 per cento.

L'aumento della produttività, sottolinea il Centro studi di viale dell'Astronomia, «è stato determinante nel generare le risorse per i forti aumenti delle retribuzioni, e il processo non accenna ad arrestarsi grazie al continuo spostamento della forza lavoro dall'agricoltura all'industria e al terziario e al riposizionamento della manifattura verso settori a maggior valore aggiunto».

Per quanto riguarda la crescita, il Centro studi di Confindustria rileva che «il Dragone sta entrando in una fase più matura di sviluppo e il suo ritmo di espansione si abbassa fisiologicamente». L'obiettivo minimo di avanzamento del Pil nel 2012, fissato da Pechino al 7,5%, evidenzia ancora il Csc, rappresenta l'incremento annuo più basso dal 1990 e inferiore al 10,2% medio conseguito dal 2000 in poi. «Ma pur così ridotta, la dinamica della Cina contribuirà comunque a un terzo della crescita globale di quest'anno stimata dal Fondo monetario al 3,5%, grazie all'aumento del peso dell'economia cinese sul Pil mondiale (14,3% nel 2011; era al 7,1% nel 2000). Tutto ciò non toglie, però, che il modello di crescita cinese sia diventato «inadeguato rispetto allo stadio di sviluppo raggiunto dall'economia. Il Paese deve affrontare una serie di nodi strutturali che nel medio termine - è il rischio sottolineato dal Centro studi di Confindustria - potrebbero minare la stabilità sociale, condizione necessaria per la legittimazione del potere politico». A partire dal riequilibrio della domanda interna tra consumi e investimenti. E da una riforma del sistema bancario che favorisca la libera concorrenza tra imprese statali e non. «Le riforme, e in generale le politiche economiche, hanno un passo rallentato in questa fase perchè è in corso il decennale cambio di leadership. Per avere un'accelerazione occorrerà attendere che i nuovi vertici si insedino e assumano il pieno controllo».

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