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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 08:16.

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PALOSCO (Bg). Dal nostro inviato
«Per piacere questo no, per i miei studenti voglio solo Staedtler, la migliore qualità tedesca». Marisa Alessi racconta divertita la "performance" del professore di liceo di sua nipote a Bergamo. Chiedeva compassi di alta qualità, rifiutava il marchio Alessi, solo una visita cortese dell'imprenditrice gli ha aperto gli occhi: i mitici Staedtler nascono a Palosco, prodotti da imprenditori italiani come Alessi, l'unico elemento teutonico è il brand.
Storia antica quella del distretto, avviato a fine '800 da alcuni viaggiatori in arrivo da Milano, chi dice Colombo, chi Bardelli, in grado di portare la tecnologia per disegnare cerchi e di impiantare i primi laboratori.
Dove si lavora tutto a mano, in una giornata si producono al massimo tre-quattro prodotti, nel 1921 sono 30 gli addetti coinvolti in cinque botteghe. Nel dopoguerra arriva il boom, si inseriscono macchine utensili, la lavorazione dell'ottone diventa industriale, Palosco assume la leadership europea del settore. Nel 1992 sono una quindicina le aziende attive (25 con l'indotto), per 30 miliardi di lire di fatturato e una produzione che vale il 60% del mercato europeo, con 15 milioni di pezzi prodotti e quasi duecento addetti. A 20 anni di distanza il distretto è "dimagrito", le chiusure sono state solo un paio, più penalizzato l'indotto mentre i ricavi globali sono scesi a circa 15 milioni, stabili in termini nominali ma ben al di sotto del livello reale del 1992. Poche realtà hanno gli stessi addetti di allora, i più hanno ridotto il personale del 20-30% e così l'occupazione in 20 anni si è quasi dimezzata. Eppure le aziende, tutte rigorosamente a gestione familiare, cercano di resistere, provano a innovare, entrano in nuovi mercati, fanno di tutto pur di tenere in vita attività e posti di lavoro. L'utilizzo dell'indotto locale è ancora massiccio con minuteria metallica, ottone, plastica e macchinari quasi integralmente acquistati in un raggio di pochi chilometri.
Il prodotto
Un cerchio è un cerchio, ma si può fare con maggiore o minore precisione, come ricorda chi come il sottoscritto non brillava in disegno tecnico. Il top di gamma nel comparto è il "balaustrone", dove il raggio è regolato da una vite micrometrica e l'intera struttura è in ottone. «Questo prodotto – spiega Marisa Alessi mostrandoci il suo "gioiello" – vale il 50% dei nostri ricavi, abbiamo puntato qui per smarcarci dai cinesi, produciamo tutto noi e la qualità è decisamente diversa». L'azienda, 18 dipendenti, fattura 1,3 milioni, il 30% in più rispetto al '92 ma considerando l'inflazione in termini reali c'è una frenata. «Del resto un balaustrone si vende a poco più di cinque euro ed è già bello resistere – spiega –, la domanda è destinata a calare anche perché l'innovazione si può fare solo su aspetti secondari, come design e confezione: nel compasso c'è poco da inventare». Strategia diversa per il big del territorio, la Gbp, che in passato produceva solo in ottone, ora quasi tutto in zama, una lega di zinco e alluminio con costi di produzione inferiori. «Puntiamo su questa fascia – spiega Barbara Belometti – e sul design, inserendo colori e nuove forme, oppure modelli particolari senza viti. Lo spazio per innovare io credo ci sia: certo, con aziende delle nostre dimensioni invenzioni epocali è difficile averle».

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