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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2012 alle ore 12:28.

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Quei polipi giganti disposti sui banconi dei supermercati, pescati lungo la costa nordafricana dell'Atlantico? Non sarà più facile trovarne: dal 1° agosto la Mauritania ha imposto ai pescherecci Ue un divieto di cattura dei cefalopodi, le specie più ricercate dalle flotte di pesca spagnole, italiane e francesi. In più ha introdotto limiti severi sui crostacei e prezzi molto elevati per le concessioni su altre specie. Obiettivo: proteggere e favorire lo sviluppo della pesca locale.

Riceverà ugualmente 70 milioni di euro annui di introiti garantiti dall'Unione europea che ha siglato un accordo con queste clausole nell'interesse delle flotte comunitarie. A queste condizioni, per ora, nessuna si è fatta avanti.

Rispetto ad altre aree, le coste africane sono uno dei pochi luoghi del Pianeta ancora (relativamente) ricche di pesce, ma le regole stanno cambiando. Nel Mediterraneo e nel Golfo di Guinea, un numero crescente di Paesi ha deciso o imparato a proteggersi e a difendere meglio il proprio patrimonio ittico e/o a sfruttarlo anche a beneficio della propria popolazione e della propria economia. In alcuni casi, come quello del Marocco e anche del Senegal, con discreto successo. In più ci sono Paesi particolarmente popolosi come la Nigeria o l'Egitto che pur disponendo di una consistente industria ittica locale sono ormai importatori netti e devono pensare in primo luogo ai propri consumatori.

Volenti o nolenti anche le nostre flotte dovranno adattarsi. La soluzione o, almeno, una delle soluzioni? «Giocare apertamente la carta della sviluppo locale dell'industria ittica dei Paesi che dispongono ancora di un elevato potenziale partecipando al rafforzamento delle flotte e dell'intera "catena del valore" inclusa lavorazione del prodotto, catene logistiche e commercializzazione sui mercati mondiali ma anche su quelli locali che ormai sono sufficientemente remunerativi, per di più con condizioni di pagamento (alla consegna) decisamente favorevoli», spiega Luigi Giannini, direttore di Federpesca. In Africa orientale, che dispone delle maggiori riserve ittiche non "sovrasfruttate" del continente, è il caso dell'Eritrea con cui armatori aderenti a Federpesca hanno appena siglato un accordo che prevede appunto la riattivazione e l'ammodernamento di buona parte della flotta locale e dei centri di lavorazione guardando al mercato europeo ma anche e soprattutto a quello più vicino, e molto ricco, dei Paesi del Golfo. Ma sta puntando anche su Sudan e Somalia.

In Africa occidentale diverse partnership sono state avviate con operatori locali in Senegal, Sierra Leone, Guinea Bissau e Guinea Conakry. Nel Mediterraneo le cose sono meno facili, come dimostra l'esperienza degli operatori italiani che hanno avviato alcune partnership con la Tunisia. Spesso le regole del gioco non sono chiare ma è ugualmente questa la direzione in cui gli armatori più dinamici si stanno orientando puntando in particolare su Libia, Algeria ed Egitto.

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