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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2012 alle ore 06:41.

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Meglio non nascondersi la difficoltà di trovare un imprenditore disposto a rilevare il sito di Portovesme di Alcoa, una missione che sembra quasi impossibile, ha spiegato ieri alla festa del Pd di Reggio Emilia il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Proprio nella giornata in cui in Sardegna si è palesato con forza il segnale di una tensione sociale esplosiva, rappresentato dal gesto estremo dei tre operai dell'Alcoa saliti sul tetto di un silo, a 70 metri di altezza. Di ora in ora la giornata di ieri, iniziata con la spaccatura del vertice tra Fim, Fiom e Uilm si è fatta più complicata. Solo in tarda serata, al termine di un confronto a Roma tra la multinazionale svizzera Glencore e il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, si è aperto uno spiraglio. Cappellacci ha riferito che «la Glencore conferma un interesse all'acquisto dello stabilimento Alcoa di Portovesme, a condizione che vengano definite le questioni relative al costo dell'energia, alla ottimizzazione dei processi di produzione e alle infrastrutture». Il governatore ha quindi detto che «ora occorre accelerare i tempi e risolvere le problematiche che causano delle diseconomie affinchè la trattativa per il passaggio dello stabilimento, ora nelle mani del colosso americano, ad un altro soggetto possa scorrere su un binario definito e idoneo a condurre verso la soluzione auspicata».
Glencore si è comunque riservata di dare una risposta per la fine di questa settimana, in vista del nuovo incontro ministeriale di lunedì 10.
Ieri mattina se Fiom, Fim e Uilm si aspettavano di ritrovare i loro interlocutori politici riuniti allo stesso tavolo «per chiedere il massimo sostegno per scomodare tutti i soggetti di politica industriale e per dare una soluzione alla vertenza», spiega Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim, all'ultimo minuto sono stati ricevuti separatamente. Per volontà di Bersani, secondo Alfano e Casini, che all'ultimo ha fatto saltare tutto. La ragione, come ha poi spiegato Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, sta nel fatto che un incontro con i tre segretari di maggioranza avrebbe di fatto «tagliato fuori l'opposizione», mentre questa vicenda «riguarda tutti».
Passera ha garantito che non c'è nessuna intenzione di abbandonare il Sulcis, pur essendo necessario molto realismo. «Il caso Alcoa lo gestiamo ormai da inizio anno» e finora «non ci sono stati veri impegni per possibili acquisizioni – ha spiegato il ministro –. Continuiamo a cercare compratori ma non possiamo nasconderci che la situazione è quasi impossibile e di scarsissimo interesse per eventuali compratori tenere aperto l'impianto». Alla dichiarazione del ministro è seguito il forte disappunto di sindacalisti e politici che ha contribuito a far salire ulteriormente la tensione.
«È una notizia pessima e disarmante per un governo che dialoga con la Merkel e con Obama ma che risulta incapace di fare un'attività di scouting per salvare la produzione dell'alluminio in Italia», per Mario Medde, segretario generale della Cisl-Sardegna. «Siamo increduli e perplessi per una dichiarazione almeno poco prudente da parte del ministro Passera chiamato a seguire col massimo impegno la vicenda Alcoa che sarà emblematica per la sua soluzione o meno», rincarano i deputati Pdl Salvatore Cicu e Piero Testoni. «Mi sembrano dichiarazioni infondate e avventate visto che la trattativa con Glencore è ancora aperta», aggiunge l'assessore regionale all'Industria, Alessandra Zedda. La vicenda, però, come ha poi precisato il ministro non è chiusa, «assolutamente no. Ho detto che la situazione è difficile e ad oggi non abbiamo un impegno, ancora, da parte di nessuno. Però lavoriamo, lavoreremo e lavoreremo se necessario anche fino alla fine dell'anno e se necessario anche tutto l'anno prossimo».
Alcoa, in una nota, spiega che «il programma di fermata è stato avviato sabato scorso ed è in vigore senza modifiche. Salvo la sospensione dell'applicazione del bypass dei terzi blocchi, con fermata istantanea di 85 celle, originariamente prevista per il 7 settembre e ora posticipata alla prossima settimana». Il segretario generale Cgil Susanna Camusso vede nel «rallentamento dello spegnimento delle celle un segnale utile a non leggere che c'è una forzatura rispetto alla chiusura, anche perché negli incontri sindacali avevamo chiesto che non si avviasse lo spegnimento degli impianti». Però, aggiunge Camusso, «perché poi ci sia un concreto buon segnale bisogna che si continui la ricerca di un acquirente». Un impegno che ieri il Governo ha garantito.
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