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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2012 alle ore 08:15.

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Quell'offerta di Klesch che in giugno era stata rifiutata da Alcoa perché poneva condizioni non realistiche e inaccettabili per raggiungere un deal sul sito di Portovesme, in parte per il prezzo dell'energia proposto, in parte per l'onere per Alcoa, da ieri è diventata interessante, come si legge tra le righe di una lettera spedita da George D.

King III (vice president & managing director della multinazionale americana) a Gary Klesch, datata New York, 6 settembre. In particolare erano stati valutati come non realistici i circa 30 euro a MW/h. Un po' meno quindi dei 33 euro pagati da Alcoa dal 2009. Da allora infatti «a fronte di un prezzo a MW/h di 72 euro praticato secondo il contratto con Enel, ma contrattato appunto tre anni fa, Terna attraverso il servizio di interrompibilità consente l'abbattimento a 33 euro a MW/h che non è un prezzo sussidiato ma un prezzo stabilito in cambio di un servizio che è l'interrompibilità», spiega Alessandro Profili, responsabile degli affari europei di Alcoa.

La proposta di Klesch, però, da ieri viene letta con un altro spirito. Al punto che nella lettera si parla di un apprezzamento della nuova conferma dell'interesse, nonostante nello smelter sia in corso la procedura di spegnimento delle celle. E per questo Alcoa sarebbe ben disposta a incontrare il management della società per riprendere i negoziati il più presto possibile. Non è ancora arrivata, invece, alcuna risposta da parte di Glencore.
Nella trattativa che potrebbe aprirsi nei prossimi giorni sulla bilancia del possibile acquirente ci sono aspetti negativi, ma non ne mancano anche di positivi. Se si guardano i volumi produttivi «questo è uno stabilimento che fa 150mila tonnellate all'anno di alluminio ossia il 10% dei consumi nazionali. Siccome l'Italia è uno dei più importanti paesi trasformatori e anche un grande consumatore di questo metallo, questo sito potrebbe essere interessante perché potrebbe aumentare la produzione con la certezza che sarebbe poi assorbita dal mercato domestico», interpreta l'ex sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, citando l'aspetto più positivo del quadro. Che forse però non basta a compensare quelli negativi.

Su cui però si può lavorare. Il primo è il costo dell'energia, molto elevato, che però è l'aspetto più difficile da negoziare. L'altro, molto rilevante, riguarda invece le infrastrutture e cioè il porto. «Alcoa, quando nel 1995 acquisì il sito dalla Efim, aveva chiesto l'impegno delle istituzioni a investire sul porto che c'è nelle vicinanze e che serve a tutte le imprese dell'area: per via dei fondali infatti in quel porto non possono entrare navi oltre una certa stazza – ricorda Saglia –. Questo è l'investimento pubblico su cui puntare». In ogni caso le condizioni poste dai possibili acquirenti appaiono molto di più rispetto a tutto quello che la multinazionale americana ha avuto negli ultimi 15 anni.
Alcoa ieri ha comunque confermato che nel sito di Portovesme, dove è finita la protesta di 3 operai saliti su un silo a 70 metri di altezza, verrà congelato lo spegnimento delle 85 celle elettrolitiche dei terzi blocchi dell'impianto sino a dopo l'incontro a Roma al ministero dello Sviluppo economico di lunedì 10 settembre.

Da ieri però è cambiato l'atteggiamento dei lavoratori che hanno virato sulla linea dura e hanno annunciato il blocco degli straordinari e lo sciopero di 24 ore lunedì.
Le manifestazioni di interesse comunque, come spiega una nota di ieri di Alcoa, restano solo due e sono le stesse che erano arrivate prima di inizio agosto. Con la novità che se la proposta di Klesch in un primo momento era stata rifiutata, adesso viene riconsiderata. Di qui la disponibilità di Alcoa – che si è impegnata a garantire la manutenzione dell'impianto per tutto il 2013, processo che impiegherà circa 30 persone – a consentire il pieno accesso ai dati, allo smelter e al suo personale in vista di un possibile deal. Anche con Klesch, come mostra l'ultima lettera di Alcoa.

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