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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2012 alle ore 06:44.

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DALMINE (BG). Dal nostro inviato
«Sì, per fortuna qui le aziende buone non mancano».
Carlo Mazzoleni sorride. L'assemblea di Confindustria Bergamo ha provato a rompere gli schemi, a cominciare dalla sede dell'evento, lo stabilimento di Tenaris Dalmine, uno dei "totem" della manifattura orobica. «Luogo coerente con le nostre idee – spiega il presidente degli industriali locali – perché per noi fabbrica e produzione sono il cuore dello sviluppo». "Dal dire al fare" è il tema di giornata, declinato a Bergamo davanti al leader di Confindustria Giorgio Squinzi non solo e non tanto evidenziano i limiti del sistema e della politica ma mettendo in vetrina e premiando il meglio del territorio, le aziende più innovative, quelle che hanno saputo reggere alla crisi puntando su ricerca e sviluppo. Dalla meccanica avanzata al biomedicale, dalle pelli agli antiparassitari, dagli apparati per riscaldamento alle luci hi-tech, non vi è settore in cui Bergamo non presenti punte di eccellenza. Al "fare" dell'impresa si contrappone però ancora il "dire" della politica, con più di una disillusione nei confronti dell'attuale Governo, protagonista «di alcune prudenze non incoraggianti». «Da esperti di valore internazionale – spiega Mazzoleni – ci aspettavamo azioni di discontinuità con il passato, più orientate al lavoro, al profitto e al contenimento della spesa pubblica». Concetti rimarcati dal presidente di Brembo Alberto Bombassei che chiede alla politica di agire per far diventare il paese più competititvo. «Mai come ora la concorrenza è globale – spiega Bombassei – e occorre dunque un ambiente che sia più favorevole alle imprese».
Anche perché – aggiunge il numero uno di Techint Gianfelice Rocca – se l'Italia non esce al più presto da questa condizione di asfissia c'è il rischio di avere danni rilevanti e permanenti. Spazio dunque alle politiche in grado di rimuovere gli ostacoli alla competitività del sistema, riducendo il costo dell'energia, modificando l'apparato istituzionale e normativo, cambiando la riforma del lavoro, bocciata quest'ultima dalla maggioranza degli imprenditori. «Ciò che non è buono per l'industria – chiarisce Mazzoleni – è causa della depressione del Paese: fiscalità di svantaggio, complicazione amministrativa, territorio negato, costi (e costumi) della politica sempre più fuori controllo, credito costoso e spesso inaccessibile». Su questo versante l'ultimo sondaggio realizzato tra gli associati evidenzia ancora gravi difficoltà nell'accesso ai fondi. «Il sistema è bloccato – conferma il presidente di Confidi Lombardia Giovanni Grazioli – e le imprese hanno difficoltà a far passare i progetti». «Vero – ribatte il vicepresidente del Credito Bergamasco Mario Ratti – ma a frenare le banche sono anche i tanti default che affliggono il sistema». Valutando la situazione l'associazione imprenditoriale ha comunque deciso di intervenire anche direttamente, investendo fondi propri. A giorni sarà infatti annunciato con Banca Popolare di Bergamo un bond di territorio che potrà attivare fino a 20 milioni di impieghi garantendo tassi in linea con l'inflazione o addirittura dimezzati per le aziende con i rating migliori. «Investiremo un milione di euro – spiega Mazzoleni – e credo che questo sia un segnale concreto per aiutare i nostri associati».
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