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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2012 alle ore 08:28.

MANZANO (UDINE). Dal nostro inviato
Senza irriverenza ma c'è voluto un piccolo miracolo per ridare slancio e visibilità al distretto della sedia di Manzano dal quale, fino al 2005, proveniva una seduta su due in Europa e una su tre nel mondo.
A farlo – inconsapevolmente – è stato Papa Benedetto XVI. Il 2 maggio 2010, quando Torino ospitò l'ostensione della Sindone, le telecamere di tutto il mondo lo ripresero seduto sul "Trono della Trasfigurazione" dell'architetto di Sacile (Pordenone) Ivan Vergendo che, aulicamente, venne definito la cattedra papale.
Un trono in legno e velluto purpureo – ora ospitato nell'arcidiocesi torinese mentre la copia, alloggiata nell'Abbazia di Rosazzo, pochi giorni fa ha preso la via di Assisi – che fu costruito pezzo per pezzo, finitura per finitura, nel triangolo della sedia a sud di Udine, tra Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo.
Per costruire quella cattedra, imponente e maestosa nella sua semplicità, hanno lavorato per mesi, gomito a gomito, 47 aziende. «Non era mai successo prima – spiega il trentenne Carlo Piemonte, da tre anni attivissimo direttore dell'Asdi, l'Agenzia per lo sviluppo del distretto della sedia – perché ciascun soggetto della filiera, fino a quel momento, ha sempre lavorato per proprio conto o come terzista. Per realizzare quella cattedra si sono messi insieme. Un piccolo miracolo».
La solitudine, tipica dell'artigiano che non ama condividere con altri sapienze e mestieri, si è dissolta di fronte ad un'occasione unica se non irripetibile: far sapere al mondo che il distretto della sedia è ancora vivo. «Non amiamo parlare di crisi – continua nel suo ragionamento Piemonte – ma di trasformazione». La quantità non c'è più. È rimasta la qualità e l'eccellenza. «La crisi ha fatto pulizia – ricorda anche Giusto Maurig, presidente del distretto – e non è detto che sia finita ma le 60/70 grandi aziende rimaste riescono a trainare una filiera di eccellenza». A essere stati tagliati fuori dal mercato sono stati gli anelli deboli della fascia bassa. I Paesi che hanno spazzato via questo segmento sono la Cina ma, da questa parte del mondo, la Polonia, dove c'è un distretto che può già contare su un centinaio di aziende.
Certo, i maestri artigiani ci hanno messo del loro per complicarsi la vita. «Alla fine degli anni Novanta – racconta Franco Buttazzoni, titolare della Blifase di Corno di Rosazzo e vicepresidente vicario di Confartigianato Udine – siamo stati costretti a delocalizzare nell'Est Europa da dove del resto proviene la materia prima che lavoriamo. Con la produzione abbiamo delocalizzato pure le maestranze pagate a peso d'oro anche in pensione che, inevitabilmente, hanno insegnato a chi poi, con il tempo, si è messo in proprio ed è diventato fornitore di prodotti di basso prezzo e ha alimentato un distretto concorrente».
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