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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2012 alle ore 06:43.

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Il macigno energetico sulla ripresa economica è lì, ulteriormente appesantito, nonostante gli impegni del governo e delle Authority per una sua rimozione. Parliamo dell'extracosto, ulteriormente dilatato da partite fiscali e parafiscali accessorie, che pesa sulla bolletta elettrica delle piccole medie imprese italiane.

Basti pensare che il confronto europeo tra le imprese con consumi tra i 15mila e 18mila megawattora ha contorni francamente sconcertanti. Su 152,9 euro a MWh mediamente pagati, 79,57 sono riferibili alla fornitura "pura" di energia. Ben 73,32 euro sono attribuibili invece al salasso dovuto non solo al fisco ma anche al calderone degli oneri accessori che contiene la cosiddetta componente A3, quella dei prelievi gonfiati dai sussidi (crescenti) alle energie rinnovabili.

Il nuovo allarme sarà lanciato domani, corredato dalle proposte operative per superare o almeno ridimensionare il problema, nel panel organizzato a Prato dalla piccola industria di Confindustria. Che esibirà un confronto analitico (vedi tabella) che parla chiaro. Le nostre pmi pagano l'elettricità fino al doppio rispetto alla media degli altri paesi Ue. Perfino nel confronto con la Polonia, che in termini di costo puro dell'elettricità ci insegue da vicino (-15%) ma infligge alle sue piccole medie imprese con consumi comparabili una frazione dei nostri oneri fiscali e parafiscali.
Gli altri paesi, e la Germania è l'esempio lampante, distribuiscono questi oneri in maniera assai meno penalizzante per le pmi, chiamate qui da noi a a sopportare il peso di gran lunga più rilevante rispetto al tutte le altre categorie di consumatori.

Ed è proprio da questa considerazione che prendono le mosse le proposte che saranno formulate domani a Prato. Con il supporto analitico di ponderosi studi. Emblematico quello presentato solo pochi giorni fa da Assoelettrica e da Ises Italia per scandagliare le storture di un mercato dell'energia caratterizzato ad esempio da forti sussidi ai consumatori domestici che consumano poco, e che vedono compensati così gli extracosti dell'energia a scapito dei consumatori domestici che consumano di più, e soprattutto del tessuto delle piccole medie imprese.

Tant'è – ricorda lo studio Assoelettrica-Ises richiamando peraltro le analisi dell'Autorità per l'energia – che «l'onere della componente A3 attualmente grava in termini di getto per circa il 19% sui clienti domestici, per circa il 38% sugli altri clienti in bassa tensione, per il 36% sui clienti in media tensione e per il restante 7% sui clienti in alta e altissima tensione». Dunque «è possibile una rimodulazione anche a breve termine degli oneri della componente A3 funzionale ad una prospettiva di rilancio del l'economia nazionale, con particolare riferimento agli obiettivi di politica industriale». Esattamente quello che chiederanno domani gli imprenditori.

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