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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2012 alle ore 06:48.

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Continuiamo a dare conto,
tramite servizi o lettere
autografe, di come
la burocrazia costituisca
un preoccupante blocco
nel nostro Paese all'attività
imprenditoriale (piccola
o grande che sia)
BOLOGNA
In un settore come l'agricoltura che è abituato a passare in media 100 giorni all'anno a sbrigare burocrazia e a compilare moduli, la notizia di un ulteriore ostacolo all'attività aziendale fa traboccare il vaso. Anche perché in questo caso a pagarne il conto non sono imprenditori alle prese con i problemi di sempre, ma le 5mila aziende emiliane alle quali il terremoto del maggio scorso ha aggiunto il fardello di oltre un miliardo di danni tra capannoni, stalle, attrezzature, magazzini e scorte lesionati o distrutti.
«Siamo figli di un dio minore – denuncia il presidente di Coldiretti Emilia-Romagna, Mauro Tonello – non abbiamo ancora visto un centesimo dei finanziamenti promessi dallo Stato e ora l'amministrazione si prepara a riscuotere, solo da noi, oltre 400 milioni di tributi e contributi, escludendoci da finanziamenti e rateizzazioni della Cassa depositi e prestiti previsti invece per i titolari di reddito di impresa». Forse solo un errore nella stesura della norma contenuta nel disegno di legge di stabilità, «ma sempre di burocrazia che ostacola la ripartenza si tratta», rimarca l'associazione, ricordando che una sola cosa tutte le imprese nel cratere (agricole e non) hanno sempre chiesto, all'unisono, dal 29 maggio a oggi: norme e tempi certi ed equi.
Richiesta che il provvedimento che sarà discusso oggi in commissione Bilancio sembra disattendere, perché prevede che solo i titolari di reddito d'impresa possano accedere ai 6 miliardi della Cdp per dilazionare il pagamento delle tasse. «Ma il 95% degli agricoltori non ha redditi di impresa, sono aziende agricole singole o società semplici – spiega il responsabile dell'ufficio legislativo di Coldiretti, Alessandro Ghetti – titolari di reddito catastale, dominicale e agrario, cioè calcolano i loro guadagni non in base al bilancio ma a stime di carattere catastale. Pertanto sono escluse dai benefici, con la conseguenza di dover pagare contributi e tributi dal prossimo 16 dicembre».
Un errore legislativo, se tale è, che rischia di costare 400 milioni di euro al settore primario terremotato e conferma la distanza siderale tra macchina burocratica e mondo produttivo. «È un provvedimento ingiusto e iniquo – commenta il presidente Tonello – che ha provocato negli imprenditori agricoli colpiti dal sisma nuova delusione e tanta rabbia». Un problema enorme, gli fa eco il numero uno della Confagricoltura regionale, Guglielmo Garagnani, «anche se lo stesso comma del Ddl stabilità contraddice se stesso, escludendo di fatto dalla moratoria le imprese agricole, che invece sono comprese poche righe dopo nei contributi per la ricostruzione. Ma in questo Paese di malaburocrazia non sarebbe strano incappare in un funzionario che applica la parte per noi più penalizzante». Sebbene la responsabilità sia in ogni caso del Governo, l'assessore regionale all'Agricoltura, Tiberio Rabboni, è subito intervenuto a rassicurare il settore: «Su nostra sollecitazione è già stato depositato un emendamento al disegno di legge, per comprendere anche le aziende agricole terremotate nella possibilità di rateizzare le imposte fino al giugno 2013 con accesso ai relativi finanziamenti bancari e interessi a carico dello Stato».
In tema di burocrazia a ostacoli, non è la prima volta che l'anomala tassazione delle imprese agricole, su base catastale e non di reddito, confina il settore in un ghetto. Lo stesso Ddl stabilità contiene un altro passaggio che rischia di far saltare per aria centinaia di aziende. «Si abroga la norma che concede alle imprese agricole la facoltà di optare tra tassazione in base a reddito catastale o al bilancio – precisa Garagnani – tra l'altro con effetto retroattivo a inizio anno, imponendo un regime fiscale che punisce chi ha investito e modernizzato».
Proprio l'altro ieri il Cda della Cassa depositi e prestiti ha deliberato i due plafond da sei miliardi l'uno per la ricostruzione e la moratoria: 12 miliardi che saranno convogliati dal 1° gennaio 2013 verso gli istituti di credito. «Ma anche qui la burocrazia non ha risolto il vero problema per noi imprenditori, avere credito – conclude Coldiretti – perché nonostante ci siano le norme nazionali, le ordinanze regionali e due accordi firmati da tutte le associazioni produttive con Abi e banche, allo sportello ancora nessun istituto anticipa un euro. A che servono le centinaia di pagine scritte, tutte le firme apposte se poi non si traducono in alcun aiuto concreto nel lavoro quotidiano?».
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