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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2012 alle ore 06:49.

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TARANTO
Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva, è per la seconda volta fuori dai custodi giudiziali responsabili delle aree del siderurgico sequestrate. Almeno sin quando non deciderà la Corte di Cassazione. A sospenderlo da dove il 28 agosto scorso l'aveva ricollocato il Tribunale del Riesame, è stato ieri il Tribunale di Taranto in qualità di giudice dell'esecuzione. Pur non contestando la legittimità dei ricorsi presentati, il Tribunale muove due osservazioni a Ferrante: l'incompatibilità del doppio ruolo, ovvero presidente dell'azienda e custode giudiziale, e la sua «discutibile e scarsa disponibilità a collaborare con l'autorità giudiziaria, palesata soprattutto in maniera chiara, con la volontà, o quantomeno l'interesse a proseguire l'attività produttiva, che darebbe luogo a protrazione o aggravamento di conseguenze dannose di reato, giunte, invero, già a livelli allarmanti». Il doppio ruolo di Ferrante, osserva ancora il Tribunale, «poteva dare luogo a problemi di mera opportunità nel rispondere a pretese in contrasto fra loro o difficilmente conciliabili». Esce quindi di scena Ferrante e torna Mario Tagarelli, presidente dell'Ordine dei commercialisti di Taranto, mentre restano regolarmente in carica gli altri tre custodi: Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento. I tre, insieme a Tagarelli, erano stati indicati nell'ordinanza con la quale, il 25 luglio, il gip Patrizia Todisco mise sotto sequestro, senza facoltà d' uso, l'area a caldo dell'Ilva per disastro ambientale, disponendo anche gli arresti domiciliari di otto persone dei vertici aziendali e societari. Contro quest'ordinanza l'Ilva fece ricorso al Riesame che il 7 agosto confermò il sequestro senza facoltà d'uso ma modificò il compito dei custodi: non più spegnere gli impianti e bloccare le lavorazioni, come ordinato dal gip, ma attuare tutte le misure di risanamento «per eliminare le situazioni di pericolo». Il Riesame inoltre tolse Tagarelli e introdusse Ferrante con gli stessi compiti amministrativi perché, conoscendo direttamente le dinamiche aziendali, avrebbe potuto agevolare il risanamento stesso.
Nemmeno il tempo d'insediarsi, che già furono scintille tra Ferrante e gli altri custodi. Tant'è che con due provvedimenti a catena, 10 e 11 agosto, il gip Todisco prima demansionò Ferrante, poi lo tolse dai custodi richiamando Tagarelli. A quel punto, nuovo ricorso dell'Ilva al Riesame che il 28 agosto (presidente Pietro Genoviva) reintegra Ferrante e annulla gli atti del gip.
Alla battaglia legale si affianca lo scontro tra custodi e Procura da una parte e Ferrante dall'altra. I primi dicono che Ferrante non collabora e disattende le direttive, il secondo replica affermando di essere tenuto all'oscuro e di non essere coinvolto. Un braccio di ferro che va avanti per mesi. E quando l'azienda presenta le sue proposte scatta il disco rosso dei custodi, i quali ritengono gli interventi indicati non validi e non concordati con loro. Alla fine tutto questo spinge l'Ilva a presentare, in una conferenza stampa, un carteggio: da un lato le richieste dei custodi e dall'altro le risposte aziendali. Di lì a qualche giorno Ferrante mette a disposizione dei custodi il personale necessario per fermare gli impianti, ma l'offerta viene ritenuta generica.
Non c'è verso di comporre il dissidio mentre la Procura ha nel frattempo, fatto ricorso in Cassazione contro il Riesame che ha reintegrato Ferrante e chiesto al Tribunale di sospendere il provvedimento in questione. Doppia mossa. «Pensiamo – sostiene il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio – che prorogare la permanenza di Ferrante tra i custodi avrebbe costituito un pericolo».
L'azienda ricorda in una nota che «l'incarico di custode gli era stato conferito il 7 agosto dal Tribunale del Riesame, confermato poi dal Tribunale dell'Esecuzione. Il presidente Ferrante – sottolinea l'Ilva – si rimette quindi alle decisioni dell'autorità giudiziaria nei confronti della quale manifesta comunque e sempre la propria disponibilità».
Lunedì intanto la nuova Aia sarà notificata all'Ilva. Lo annuncia Giampiero Mancarelli, assessore all'Ambiente della Provincia di Taranto e tra i firmatari insieme a Regione Puglia, Comuni di Taranto e Statte, dell'autorizzazione. «Da allora – dice Mancarelli – scatteranno dieci giorni affinché l'Ilva adempia ai primi obblighi. Se non lo farà, il ministero dell'Ambiente invierà una diffida ad adempiere entro i successivi dieci giorni».
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