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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 08:53.

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A oltre 40 anni dalla prima, sostanziale modifica della Legge del 1932, la Camera dei "Diputados" ha approvato la proposta di riordino della legge federale del lavoro mentre il Senato ha modificato il testo che ora deve tornare all'Assemblea per il via libera definitivo. Con questa riforma, che intende modernizzare il mercato del lavoro e attrarre investimenti, il Messico vuole darsi nuove regole in materia di lavoro femminile e minorile, di sub-appalto ed esternalizzazione di servizi, di lavoro all'estero, di licenziamento e di accesso al lavoro. Obiettivo dichiarato è anche quello di deflazionare il contenzioso e accelerare i tempi del processo.

La legge in vigore prevede che, nel caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore possa chiedere la reintegrazione nel posto di lavoro con pagamento del "salario perduto" dal giorno del licenziamento a quello di reintegrazione. Una tutela molto simile a quella del "nostro" articolo 18. Considerati i lunghi tempi del giudizio, la riforma interviene introducendo un limite ai salari indennizzabili (al massimo 12) e punendo le parti che intentano una lite a meri fini dilatori con un apposito sistema sanzionatorio, anche nei confronti degli avvocati.

Contemporaneamente, interviene sul codice processuale con due misure. Una, volta a snellire la procedura, prevede che si tengano non più di due udienze: la prima, diretta a favorire la conciliazione e la successiva, per l'ammissione dei mezzi istruttori, senza udienze di mero rinvio. La seconda novità è che, sino alla pronuncia della sentenza, si potrà sempre adire la speciale "Giunta di Conciliazione" per risolvere la lite. Contestualmente, vengono abolite le Giunte federali di conciliazione (nella pratica inesistenti) per sostituirle con giunte locali.

La riforma introduce inoltre numerose regole per sostenere l'ingresso nel mercato del lavoro, soprattutto femminile. In primo luogo, nascono nuove forme contrattuali che si affiancano al modello tipico che è, e resta, quello del contratto di lavoro a tempo indeterminato: il contratto di lavoro a tempo (a ore), quello stagionale, a tempo determinato e il contratto di formazione. Viene, inoltre, introdotto il periodo di prova che è improrogabile e limitato a 30 giorni, per le qualifiche semplici, e fino a 180 giorni per le qualifiche superiori.

Quanto al contratto di formazione, la riforma prevede che debba essere stipulato per iscritto e che la sua durata non possa superare i 3 mesi, per le qualifiche semplici e i 6 mesi per quelle superiori. In difetto, il rapporto di lavoro si intende instaurato a tempo indeterminato. Lo stesso vale nei casi di superamento del limite temporale previsto per la formazione e per la prova.

Per facilitare l'accesso al lavoro da parte delle donne, sono previsti divieti di discriminazione per genere, il divieto di pretendere il test di gravidanza in fase di assunzione, la possibilità di godimento flessibile delle settimane di maternità e, dulcis in fundo, viene introdotto il congedo di paternità.

La riforma ha scatenato violente proteste contro la precarizzazione del lavoro e il Senato ha già avanzato la proposta di aprire un tavolo con le organizzazioni sindacali per la discussione sia della riforma, sia di proposte alternative ignorate dalla Camera dei deputati. La partita dunque non è chiusa ma il processo è avviato.

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