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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2012 alle ore 06:45.

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VIETRI SUL MARE (SA) - Piccolo il polo produttivo, piccole le aziende, piccoli i numeri del fatturato e dell'export: un "nano distretto" produttivo, rimasto tale, sebbene avesse alle spalle una "grande" storia. L'epicentro è a Vietri sul Mare, venti chilometri a nord di Salerno, ma si estende sulla fascia tra il mare e le colline salernitane passando per Nocera Superiore, Cava dei Tirreni, Salerno, Ogliara, il comune più ricco di pregiata argilla.

Ma questi territori anziché allearsi nel progetto comune di far sviluppare un polo produttivo dalle grandi potenzialità – un prodotto e un brand conosciuti anche all'estero sin dal 700 – sono da sempre impegnati in una battaglia per spartirsi un mercato, per lo più locale.
Il polo ha due anime diverse e che tra di esse si conoscono poco: quella industriale, produttrice prevalentemente di piastrelle, in cotto, oppure smaltate, secondo antiche tradizioni e con colori classici e brillanti. Rappresentata per lo più da aziende localizzate tra la periferia e le aree industriali di Cava dei Tirreni e Nocera. L'altra anima è quella delle piccole botteghe artigiane, localizzate prevalentemente a Vietri sul Mare, produttrici di vasellame e oggetti vari di uso comune. Tra questi anche opere di artisti noti a livello internazionale.
Due anime che, fondendosi in un unico disegno, potrebbero far crescere i piccoli numeri della ceramica salernitana. «Per questo motivo abbiamo già perso – dice Giovanni De Maio, uno dei maggiori produttori cavesi – il treno dei distretti industriali e continuiamo a non capire che potrebbe essere molto utile fare rete».

Il primo gruppo oggi è costituito da 24 aziende di cui 19 in forma di società di capitale, con un fatturato complessivo, nel 2011 di 21 milioni che potrebbe calare nel 2012 in seguito alla crisi che ha colpito in modo particolare il comparto delle costruzioni (che in provincia di Salerno subisce un freno del 12% nel primo semestre 2012 rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso). Drammatici anche i dati della Camera di commercio di Salerno relativi all'export del comparto, più che dimezzato nel 2011 rispetto agli 8 milioni del 2009.
L'altro nucleo, quello dei produttori di oggetti in ceramica, conta in provincia 205 imprese circa, secondo la Camera di commercio, per lo più organizzate come ditte individuali, con una media (regionale) di 2,6 dipendenti ciascuna, più bassa della media nazionale delle aziende di ceramica di antica tradizione che raggiunge le 3,5 unità e in Emilia Romagna anche gli otto dipendenti. Un quarto di queste imprese ha sede a Vietri, lungo il corso principale, in pieno centro storico. Anche per queste gli ultimi anni sono contrassegnati dal segno meno: calo del 46% del numero di addetti, del 35% circa del fatturato, oggi pari a circa 10milioni annui.

In totale possiamo parlare di un polo di 230 aziende circa con 60 milioni di fatturato e 540 addetti circa: cifre approssimative, non solo perché manca un ente di studio, ma anche per la grande diffusione di evasione e lavoro nero: un tema, a quanto sembra, al centro delle azioni dell'Ente per la ceramica vietrese.
Numeri e tendenze in cui non sempre si riconosce Giovanni De Maio, presidente della società Francesco De Maio, la più grande dell'area, dopo aver acquisito negli anni Ceramiche D'Agostino (1990) e Cevi (2002), che l'anno scorso ha sofferto sì sul mercato interno la grave crisi delle costruzioni, ma si è in parte rifatta con l'export salito al 25% del fatturato (dal 10) soprattutto in Europa e Stati Uniti. La De Maio oggi cerca nuovi sbocchi in Russia, Brasile, Cina e India. «Ma ci muoviamo da soli – precisa il presidente della De Maio – non ci accompagnano le altre imprese della provincia, né le istituzioni». La storia della De Maio è singolare, poiché essa viene fondata da due rampolli di famiglie delle due diverse e "antagoniste" tipologie di produzione della ceramica: Francesco, eredita l'impianto di Ogliara (attività che risale al 300) di piastrelle, tegole e mattoni in cotto; Vincenza Cassetta, sua moglie, subentra ai familiari di origini vietresi nella conduzione della fabbrica di ceramica artistica. I due, dopo il matrimonio, nel 60, fondono le due attività in una sola, nella Francesco De Maio, appunto, che conserva entrambe le produzioni, anche se lascia nettamente prevalere le piastrelle. Un "matrimonio" così nella ceramica salernitana, dopo di allora, non c'è più stato: i due mondi, fuori dalla fabbrica leader, restano separati.

Anzi in forte competizione. Al punto che l'Ente per la ceramica vietrese, nel tentativo di difendere dalla crisi di mercato i propri associati, ha appena registrato un nuovo marchio "Made in Vietri" (dopo quelli per la ceramica di antica tradizione Cat e per la Ceramica vietrese) che punta sulla notorietà della cittadina amalfitana per attrarre turisti e altri acquirenti. Per Nicola Campanile, presidente dell'Ente, già si sentono gli effetti positivi dell'operazione: «Sono ricomparsi i buyers giapponesi», dice. Poi aggiunge: «La Vietri Inc nel 2002 importava quantitativi notevoli di ceramica vietrese. Poi la quota di export si è ridotta. Pensiamo che le società Usa si stiano rifornendo in Cina». Ma basterà il "made in Vietri" ad affrontare i grandi problemi di evasione fiscale, lavoro nero e contraffazione? O serve a spostare solo piccole quote di mercato da una città all'altra? Intanto, se l'industria di Cava organizza una missione a Dubai, i piccoli artigiani la disertano, se la città di Cava promuove il disciplinare per un marchio di qualità (Cat), l'Ente vietrese l'impugna, bloccando la (già complessa procedura). Se il comune di Vietri si dà da fare per promuovere il comparto («con 93 manifestazioni culturali con al centro la ceramica», dice il sindaco di Vietri Francesco Benincasa) l'onda lunga non travalica i confini del "paese" . E a dire il vero non mancano le iniziative a Vietri.

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