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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2012 alle ore 08:23.

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ROMA
Tre emendamenti soppressivi e quattro riscritture per trasformare da "obbligatoria" in "facoltativa" l'indicazione del principio attivo contenuto nel farmaco prescritto a carico del Ssn. È attorno a questo pacchetto di emendamenti assolutamente bipartizan presentati in commissione Industria del Senato al "decreto sviluppo" che è riesplosa la battaglia contro la misura colpevole, secondo Farmindustria, di aver spostato a favore di farmaci generici prevalentemente prodotti all'estero il 6% del mercato di grandi categorie come statine e antibiotici, con punte di oltre il 10-15% per le terapie acute. Il tutto in un panorama che tra agosto e settembre ha visto il farmaco di marca perdere il il 10% delle vendite rispetto al 2011, a fronte di una crescita del 18% dei prodotti generici.
Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, difende a spada tratta la norma, definendola «equilibrata» e capace di valorizzazione la cultura del farmaco equivalente (il generico) come nel resto d'Europa. Ma secondo Farmindustria i dati dimostrano esattamente il contrario: tra i prodotti venduti in farmacia quelli a brevetto scaduto costituiscono il 90% del venduto, come nel resto d'Europa. E non solo: la guerra al farmaco griffato in ricetta, in Europa, la fanno in pochissimi e mai nei mercati importanti. E l'Italia è tra quei pochi. La prescrizione per principio attivo obbligatoria senza indicazione del marchio è prevista soltanto a Cipro e in Romania, Ungheria e Lituania, oltre che da noi. Smilzo anche l'elenco dei Paesi che hanno introdotto la sostituzione obbligatoria in farmacia: Cipro, Danimarca, Svezia e anche Slovenia, Spagna (Andalusia), ma solo se il generico costa meno.
E proprio contro le sostituzioni al bancone in farmacia il presidente di Federanziani, Roberto Messina, ha reclamato ieri l'altolà allo "zapping farmaceutico": «I cittadini riconoscono il camice bianco come garante delle sostanze chimiche che assumono. Non si dovrebbe lasciare a un soggetto terzo la scelta di quale scatola consegnare al paziente, per giunta senza che il prescrittore ne sappia nulla».
Il clima di alta tensione innescato dal varo della norma non tende insomma a placarsi. Tanto più alla luce della crisi occupazionale annunciata dal comparto dopo il varo della spending review. Così non è un caso se ieri dalla Toscana è giunto il plauso per gli emendamenti depositati in Senato. «Un punto d'equilibrio tra le esigenze di risparmio del Ssn e la tutela dell'industria farmaceutica nazionale va trovato», ha commentato l'assessore alle Attività produttive, Gianfranco Simoncini, coinvolto nella vicenda dei mille esuberi annunciati a fine ottobre e poi "congelati" dalla Menarini.
A fare da contraltare alle pressioni delle industrie dei brand, la promessa formalizzata nei giorni scorsi da Assogenerici (produttori di equivalenti) di diminuire in media del 5% su base annua i propri listini in modo direttamente correlato all'increnmento dei volumi di utilizzo. Il meccanismo, allo studio con l'Aifa, dovrebbe essere presentato entro fine mese per diventare – nelle intenzioni delle aziende genericiste – oggetto di uno specifico accordo con la Salute. E in tempi di continui tagli alle risorse sanitarie pubbliche anche questo argomento non mancherà di avere il suo peso.
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