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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 08:13.

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MILANO.
«Sotto assedio». Così si sentono a Zola Pedrosa, alle porte di Bologna, nella sede della Faac, la multinazionale di automatismi per cancelli e parcheggi che da fine marzo è controllata dalla Curia di Bologna dopo la morte di Michelangelo Manini che l'ha nominata erede universale, compresa l'azienda fondata dal padre nel 1965.
L'ultimo atto, che ha convinto i vertici manageriali del gruppo a intervenire nella diatriba giudiziale e a dare mandato ai legali di tutelare l'interesse dell'impresa in una vicenda sempre più paradossale, è stata l'istanza presentata nelle scorse settimane da uno degli eredi esclusi dal testamento. Si chiede ai giudici il sequestro di tutta l'azienda in modo «da impedire la gestione della società da parte del consiglio di amministrazione con totale e integrale sostituzione di tutti i suoi componenti». Al tribunale si chiede anche «l'allontanamento dell'attuale management» e, come era già successo a inizio ottobre in seguito ad un'altra istanza prima accolta e poi sospesa, «l'affidamento della società ad un custode».
Sono provvedimenti che il presidente di Faac, Andrea Moschetti, ha definito «inauditi, sconcertanti. Si addicono a qualcuno interessato a soffocare l'azienda piuttosto che ad un aspirante erede». Sembrano palesemente diretti «non alla conservazione del patrimonio, come è lecito aspettarsi da chiunque si ritenga titolare di un diritto ereditario – ha spiegato l'ad Andrea Marcellan – ma piuttosto a distruggere la realtà aziendale che invece gode di buona salute dal punto di vista industriale ed economico-finanziario». Dopo la scomparsa di Manini, ricorda Marcellan che è ad dal 2007, il programma di sviluppo già pianificato è andato avanti senza intoppi e Faac ha chiuso tre acquisizioni, una negli Stati Uniti, una in Germania e una in Brasile. Anche grazie a queste operazioni il fatturato a fine anno sarà superiore di circa il 30% rispetto al 2011, con un miglioramento reddituale della stessa entità a livello di ebitda.
Il dubbio del management di Faac è che dietro le azioni di alcuni eredi ci sia la regia di altri soggetti interessati solo all'azienda e non al resto dell'eredità. «Siamo tempestati da un numero impressionante di offerte di acquisto – spiega Marcellan – dall'Italia e dall'estero: banche d'affari, fondi d'investimento di vario genere, concorrenti diretti e indiretti». Alla luce di questo, il timore è che la battaglia legale sia alimentata da qualcuno con competenze imprenditoriali. Qualcuno che a tutti i costi vuole la Faac. Viva o morta, vien da pensare. E visto che il nuovo azionista di controllo, la Curia, non è intenzionato a cedere il proprio pacchetto, porta avanti un disegno: colpire l'operatività aziendale «compromettendone le relazioni commerciali, la reputazione e il clima interno» osserva Moschetti.
Mercoledì prossimo si terrà l'udienza sull'ultima istanza mentre il 28 novembre si riunirà il collegio per ridiscutere la prima richiesta di custodia giudiziale, sospesa dal presidente di sezione a metà ottobre. Ma la battaglia sarà ancora lunga.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
@chigiu
CONTI IN SALUTE

30%
Incremento della redditività
Per fine anno Faac prevede un incremento della redditività di circa il 30% a livello di ebitda rispetto al 2011 che corrisponde ad un incremento analogo del fatturato dovuto in parte alle acquisizioni.
1.400
I dipendenti
L'azienda bolognese ha 12 impianti produttivi in Europa e 25 filiali nel mondo in cui lavorano complessivamente 1.400 persone.

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