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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 06:41.

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MODENA
Oltre i due terzi delle imprese nel cratere modenese hanno subìto danni diretti, più della metà (55%) si è dovuto misurare con cali della capacità produttiva nell'ordine del 40%, ma la reazione è stata immediata e già oggi i livelli di attività sono tornati sopra al 90%, si è dimezzato il ricorso alla Cig e si prevede una tenuta del sistema territoriale da qui a fine anno in termini di produzione, vendite, occupazione, nonostante lo scarso supporto ricevuto dalle istituzioni.
Dati contenuti nella ricerca Ispo commissionata da Confindustria Modena, presentata ieri per fare il punto sul "terremoto economico" che ha colpito la via Emilia, a distanza di sei mesi dalla prima distruttiva scossa del 20 maggio, che confermano nero su bianco la tenacia dell'imprenditoria locale. «Ma anche il senso di solitudine, di disillusione e di stanchezza, tra difficoltà burocratiche, banche che non erogano credito e logiche troppo ragionieristiche di Roma. «Siamo consci delle difficoltà del Paese e del fatto che le risorse arriveranno solo nel 2013, ma ci aspettavamo qualcosa di più dal Governo, soprattutto sulla dolorosa questione fiscale», sono le parole con cui il presidente degli industriali modenesi, Pietro Ferrari, ha aperto ieri il confronto con il sottosegretario Antonio Catricalà e il commissario straordinario alla ricostruzione Vasco Errani.
Il tema dei benefici fiscali alle imprese che hanno riportato solo danni indiretti (un 18% nel Modenese, fonte Ispo) e che dal prossimo 16 dicembre rischiano di dover pagare in blocco tasse e arretrati, senza poter accedere a rateizzazioni – è stato il fil rouge di tutta la mattinata di convegno all'auditorium Giorgio Fini di Modena. Un nodo su cui anche il numero uno di Confindustria nazionale Giorgio Squinzi ha sollecitato rapidi interventi normativi, a maggior ragione «dopo gli accenni dei giorni scorsi di protesta fiscale alimentati da diverse associazioni. Una risposta potrebbe essere l'anticipazione bancaria senza oneri – suggerisce, accordando peraltro un giudizio positivo al complessivo operato del Governo – con una rateizzazione temporale». Ma Squinzi sposta i riflettori su altre due questioni «paradossali» per le aziende del cratere: «Le minusvalenze legate ai danni del terremoto rischiano di avere effetti civilistico-contabili fallimentari, se non si interviene con una modifica legislativa per allungare i tempi di ammortamento, nell'ordine dei dieci anni. Così come occorre prevedere un credito d'imposta per le aziende dentro il cratere che seppure non toccate dal sisma sono costrette comunque ad affrontare interventi di adeguamento antisismico, pena la non agibilità delle strutture, senza poter però accedere a contributi», aggiunge Squinzi sottolineando come l'esempio virtuoso di coesione emiliana sia da prendere a modello nelle vertenze nazionali di questi giorni, questione produttività in testa.
Catricalà non accetta di stare sul banco degli imputati, ricorda i quasi 9 miliardi messi a disposizione delle Pmi terremotate (tra i 2,5 del primo decreto 74 e i 6 a fondo perduto attivati con il meccanismo della Cassa depositi e prestiti), cui si aggiungono i 670 milioni di euro dell'Unione europea, che ieri sono stati definitivamente sbloccati dal consiglio Affari generali di Bruxelles. «Credo non si potesse fare di più di così – dichiara il sottosegretario alla platea modenese, in diretta su teleschermo da Roma –. Per l'estensione del rinvio delle tasse a chi ha avuto danni indiretti non basta l'intesa con il Governo ma serve il placet della Ue e si rischia invece di aprire un contenzioso e di accendere il faro dei controlli comunitari sugli aiuti di Stato, come sta succedendo in Abruzzo».
Giustificazione che non convince la Cgil, che ha annunciato una manifestazione di protesta davanti al Parlamento martedì prossimo e che non frena il lavoro «ventre a terra», che il commmissario straordinario Errani sta portando avanti per dimostrare, prima del prossimo 16 dicembre, ai politici di Roma e Bruxelles che c'è un nesso «di causalità diretta tra terremoto e danni riportati da aziende del cratere che non hanno avuto capannoni crollati, manufatti o macchinari distrutti, bensì fatturati ridotti di oltre il 30%; un valore soglia che in qualche modo ingloba gli effetti della crisi», spiega nel suo intervento Errani. Riconosce che neppure lui stesso avrebbe scommesso a inizio giugno di poter arrivare a tutto ciò che è stato ottenuto fin qui, ma chiede alla presidenza del Consiglio «un ulteriore passo avanti, a iniziare dalla discussione in Senato del decreto 174, per creare intelligentemente le condizioni affinché l'Ue capisca che non stiamo chiedendo assistenza. Non abbiamo neppure proposto un indennizzo al 100% dei danni, perché riteniamo che l'80% di contributi e il 20% di credito di imposta sia accettabile. E non chiediamo sconti del 60% sulle tasse come è stato fatto all'Aquila, ma solo rateizzazioni in due anni».
Che l'Emilia terremotata non stia aspirando all'assistenzialismo ma a equità lo riflette anche la ricerca Ispo spiegata ieri da Renato Mannheimer, che oltre a indagare la situazione delle 312 imprese modenesi nel cratere, esplora la percezione degli italiani: più del 70% degli 800 intervistati ritiene che gli emiliani abbiano dimostrato grande capacità di reazione, profondo senso di dignità e solidarietà, pur avendo avuto sostegno pubblico solo nella fase emergenziale e non ora, in quella della ricostruzione. Ancora più duro il giudizio degli imprenditori (soffocati, in media, da danni che vanno dai 539mila euro per quelli indiretti a 1,1 milioni per i fabbricati) che bocciano con una grave insufficienza (voto 3) sia l'aiuto offerto oggi dal Governo sia banche e sindacati (voto 3,7).

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