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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2012 alle ore 08:28.

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Lo smaltimento a "km zero" non attecchisce nel distretto cartario di Capannori, dove timori e fuochi incrociati del territorio, tentennamenti degli enti locali e avversione degli ambientalisti bloccano da cinque anni la costruzione di un impianto per smaltire il cosiddetto pulper waste, cioè il rifiuto formato dalle impurità (come fibre plastiche o metalliche) contenute nella carta riciclata utilizzata per produrre cartone per imballaggi. La questione interessa da vicino una ventina di cartiere, ormai più deluse che indignate: ogni anno spendono circa dieci milioni di euro per caricare poco più di 100mila tonnellate di pulper waste su 4.390 autotreni, che percorrono 2,2 milioni di chilometri sulle strade italiane per raggiungere le discariche o il termovalorizzatore di Brescia.

E pensare che la soluzione sarebbe a portata di mano dal 2007, quando le cartiere dettero incarico alla società di ricerca pubblico-privata Lucense di individuare l'impianto più adatto alle esigenze del distretto cartario di Capannori. Quell'impianto, progettato e già sperimentato con successo, si basava sulla gassificazione con impiego di torcia al plasma, una tecnologia (all'epoca) innovativa per l'Italia, che gli industriali della carta erano disponibili a pagare (costo previsto dell'impianto 45 milioni), anche perché avrebbe dato sollievo all'ambiente e ai costi di produzione. Ma neppure il processo partecipativo, promosso dalla Regione Toscana per comporre le divergenze, è riuscito a sbloccare la costruzione dell'impianto. Oggi si è tornati alla casella di partenza: con qualche anno in più sulle spalle, e qualche milione in meno in tasca, speso per pagare lo smaltimento a "km lungo".
Si. Pi.

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