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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2012 alle ore 06:43.

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di Francesco Antonioli Il commissario Mario Virano, che è persona capace, parla di "Smart Susa Valley". Guarda lontano e pensa alle compensazioni della nuova linea ferroviaria Torino-Lione come "leva" per intercettare fondi europei destinati a grandi progetti. Anche le parti sociali – che ieri hanno presentato un progetto comune per lo sviluppo economico della Valle di Susa – dimostrano di essere uscite dalla logica del campanile, quella – per intendersi – che punta ad accontentarsi di piccole migliorie in ambito comunale come merce di scambio per i disagi provocati dai cantieri.
Un segnale positivo, un salto di qualità (con il presidente di Confindustria Piemonte seduto accanto alla rappresentante della Cgil a parlare la "stessa lingua"). Tutto questo, al netto delle turbolenze "nimby" incarnate da no-Tav della prima (il movimento dei cittadini) e dell'ultima ora (i violenti ideologici dei centri sociali). Scontri inaccettabili, non degni di un paese civile.
Il problema, però, è che da anni – da troppi anni – a ogni governo che cambia si riparte daccapo: la nuova (se sarà nuova) classe dirigente eletta dovrà riprendere in mano il dossier Torino-Lione; poi bisognerà ritrovarsi con i cugini transalpini a ripetere che l'opera è "prioritaria", eccetera eccetera. Un film già visto. Che purtroppo finisce per dare nuova linfa a quanti tifano contro e per scoraggiare le migliori intenzioni di chi desidera finalmente uscire dalla crisi e vedere uno sviluppo moderno del territorio.
@FAntonioli
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