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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2012 alle ore 07:03.

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Uno scossone dietro l'altro, ma il distretto dell'elettrodomestico di Fabriano non si ferma.

La crisi della domanda europea ha messo alle strette le imprese del distretto industriale e le grandi sopravviveranno se continueranno a innovare prodotti e sistemi di produzione e a internazionalizzarsi fino in fondo; le aziende fornitrici di componenti dovranno invece spingere su qualità, contenuti tecnici e servizio al cliente, compreso quello di seguirle negli stabilimenti all'estero.
«Purtroppo – osserva Andrea Merloni, presidente di Indesit Company – una doppia crisi congiunturale ha portato a un drastico calo dei consumi. E la seconda scossa ha intaccato in profondità il potere d'acquisto delle famiglie. A soffrirne di più sono i paesi del bacino mediterraneo, proprio l'area dove siamo più forti. Relativamente risparmiato il Nord Europa dove operano prevalentemente i nostri competitor».
Di fatto il calo della domanda europea di elettrodomestici bianchi (negli ultimi 5 anni -20% in Italia e -45% in Spagna, Portogallo e Grecia) ha indirettamente rafforzato il processo di delocalizzazione, specie in Polonia, ma soprattutto ha espulso gli anelli deboli della filiera: per esempio, il terzista Antonio Merloni (3mila addetti la Spa e 780 milioni di ricavi) privo di marchi propri forti (Asko e Ardo) ha ceduto le armi nel 2008 ricorrendo alla legge Marzano. E trascinando nel baratro diverse imprese fornitrici del distretto. Per altri big invece la doppia crisi in Europa occidentale ha accentuato le strategie d'internazionalizzazione. Indesit, che nella Marche produce nei poli di Fabriano e Comunanza, ha rafforzato le posizioni in Russia. Ciononostante produce in Italia 4 milioni di pezzi su 13 (Indesit, Hotpoint e Scholtès i marchi principali) e pur realizzando appena il 15% del fatturato (2,1 miliardi nei primi 9 mesi del 2012).

La Fondazione Merloni ha individuato 13 grandi imprese medio-grandi del distretto dell'elettrodomestico e dalla somma dei bilanci ordinari (che riflettono meglio del consolidato le attività sul territorio) emerge che le vendite nel 2011 sono calate del 5,4% a 2,19 miliardi. E anche l'export è scivolato del 7,9% a 1,34 miliardi. Nella classifica di Fondazione Merloni rientrano Indesit (1,11 miliardi nel 2011 il bilancio ordinario), Ariston Thermo (375), Elica (257), Faber (101), Best (53), Thermowatt (95) e Tecnowind (51), insomma un mondo che spazia dagli elettrodomestici classici come lavatrici, cucine, frigoriferi e cappe aspiranti fino al termosanitario.
«La crescita delle vendite – osserva Donato Iacobucci, uno dei coordinatori del rapporto sulle imprese marchigiane – si è interrotta già a partire dal 2004. E nel 2009 si è scivolati ai livelli del 2001». Indesit è arretrata dagli 1,78 miliardi del 2004 agli 1,1 dell'anno scorso. Lo stesso copione per Faber, Best e Tecnowind. È rimasta sulle stesse posizioni Ariston Thermo mentre è cresciuta Elica. In dieci anni le attività controllate all'estero si sono sviluppate in misura significativa: il rapporto tra vendite consolidate e vendite ordinarie è passato dall'1,2 del 2001 al 2,2 dell'anno scorso. Si è inoltre ridotta l'occupazione degli operai a favore di impiegati e dirigenti. Ciò segnala la crescita dei servizi rispetto alla trasformazione manifatturiera.

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