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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2012 alle ore 06:44.

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di Valerio Castronovo Con l'accordo di programma per la riqualificazione dell'ex Area Alfa Romeo di Arese, dismessa dalla Fiat definitivamente nel 2010, cala il sipario sulla vicenda di un insediamento produttivo la cui attività per molto tempo ha contribuito all'affermazione di una firma prestigiosa della nostra industria automobilistica.
Quello che era un piccolo centro prettamente agricolo del circondario milanese divenne infatti, con la messa in funzione nel 1962 dei primi impianti di stampaggio della Casa del Biscione, la sede di uno stabilimento destinato a balzare alla ribalta nelle cronache del "miracolo economico" italiano di quel periodo.
Il regista dell'operazione che vide l'Alfa Romeo trasferire progressivamente la sua produzione dalla fabbrica del Portello, in cui aveva fatto il suo esordio nel 1910, in un complesso nuovo di zecca, nel mezzo delle campagne, era stato Giuseppe Luraghi.
Dopo aver maturato sino al 1950 un'esperienza di prim'ordine alla Pirelli, Luraghi era approdato all'Iri, alla direzione di Finmeccanica, ponendosi come principale obiettivo il rilancio dell'Alfa Romeo e c'era riuscito: tant'è che aveva legato il suo nome alle fortune di una vettura leggendaria come la "Giulietta", una berlina con soluzioni tecniche di carattere sportivo, la cui produzione in serie era iniziata nel 1955. Prevedendo che era infine giunta anche per l'Italia l'epoca della motorizzazione di massa, Luraghi aveva ritenuto che occorreva puntare per l'immediato su uno stabilimento di più ampie dimensioni e modernamente attrezzato. D'altro canto, la fabbrica del Portello era ormai circondata dall'espansione della periferia nord-occidentale milanese e il nuovo Piano regolatore del capoluogo lombardo contemplava, per motivi ambientali, il decentramento altrove delle attività industriali.
Ma quando il progetto per il trasloco dell'Alfa fuori Milano aveva cominciato a concretizzarsi, Luraghi se n'era andato nel 1957 dall'azienda, per incompatibilità con i metodi instaurati dal segretario della Dc Fanfani nell'ambito delle Partecipazioni statali (come risulta dalla biografia del manager milanese, tracciata da Daniele Pozzi e pubblicata di recente per i tipi di Marsilio). Tuttavia, dopo una parentesi alla Lanerossi, Luraghi aveva fatto ritorno all'Iri nel giugno 1960, chiamato alla presidenza dell'Alfa Romeo e aveva potuto così dar corso al programma, che tanto gli stava a cuore, per un'espansione dell'impresa ambrosiana nel settore delle auto di media cilindrata dove non sarebbe entrata, del resto, in rotta di collisione con la Fiat, che stava allora conquistando il mercato italiano con le sue utilitarie, la "600" e la "500".
La sede di Arese, scelta definitivamente nel febbraio del 1959 in località Cascina Valera, venne allestita per ospitare uno stabilimento che, stando ai calcoli di Luraghi, doveva avere dimensioni tali da arrivare a produrre 140 mila auto all'anno, un livello paragonabile a quello della Mercedes e competitivo su scala europea per un genere di vetture i cui tratti distintivi fossero certe connotazioni fortemente rinnovative e prestazioni particolarmente brillanti.
Se la "Giulia", tenuta a battesimo all'autodromo di Monza nell'estate 1962, corrispose a queste caratteristiche e consolidò, dopo un avvio commerciale incerto, la specializzazione dell'Alfa Romeo nel settore delle medie cilindrate, l'identificazione dell'azienda con Arese fu più graduale e complessa. La direzione della società vi si trasferì solo nella seconda metà del 1963 e le maestranze fecero fatica ad accettare di spostarsi fuori Milano: non solo per i disagi che ciò comportava, ma anche perché il Portello era una delle fabbriche "mitiche" della sinistra e del movimento sindacale nel cuore del "triangolo industriale".
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