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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2012 alle ore 07:34.

GRAGNANO. «Noi la pasta non la vendiamo ma la raccontiamo. Abbiamo recuperato l'arte di fare la pasta all'antica per passione: utilizziamo grani duri pregiati a basso contenuto di ceneri e ad alta qualità proteica»: sembra più una manifestazione d'affetto che una strategia commerciale quella del produttore gragnanese Ciro Moccia.
In realtà il mix delle due cose, passione e abilità, è il segreto degli imprenditori pastai gragnanesi che ha permesso di espandere un business di nicchia in un affare di centinaia di milioni e conquistare una notorietà del "brand" internazionale.
Gragnano è stata la culla dei pastifici familiari dal sedicesimo secolo grazie a quell'aria umida che favorisce la lenta essiccazione della pasta, preservando proteine e sapore, e che condizionò persino lo sviluppo urbanistico. Ai tempi avveniva in via Roma, in Piazza Trivione e nelle vie adiacenti e si impiegavano trafile di bronzo di piccole dimensioni per un processo lento e a bassa pressione. Oggi alcuni produttori sono riusciti a brevettare alcuni tipi o varianti di pasta. La fama è cresciuta lentamente, fino all'ambita Indicazione geografica protetta (Igp) del 2010 e alla consacrazione di "Gragnano città della pasta".
Il prossimo passo è quello del riconoscimento giuridico di "distretto" anche se Gragnano fa già parte di quello agro-alimentare di Nocera Inferiore, del pomodoro, naturale complemento della pasta di qualità. Di fatto a Gragnano operano decine di pastifici, anche micro-artigianali, che con l'indotto generano una grande rete produttiva. I dati di produzione sono pressoché in continua crescita e quando il mercato nazionale dà segni di stanchezza tira di più quello estero. Il Consorzio città della Pasta di Gragnano stima una produzione giornaliera di 11mila quintali, per l'80% destinata all'export: complessivamente peserebbe sull'export nazionale per il 10 percento. Nel 2011 la produzione italiana, secondo Aidepi, l'associazione dei pastai italiani, è stata di 3,3 milioni di tonnellate, di cui il 55% all'export. In media gli italiani divorano circa 26 chili di pasta l'anno pro capite.
Ora «spetta alla Regione Campania – osserva Rosario Lopa, rappresentante della Consulta nazionale dell'agricoltura – avviare il riconoscimento del distretto ma ci sono ritardi legati a problemi politico-amministrativi interni alla Giunta regionale che però verranno presto superati». Quanto all'Indicazione geografica protetta (Igp) per la pasta di Gragnano è attiva la protezione transitoria a livello nazionale «in attesa – interviene Giuseppe Di Martino, presidente del Consorzio della pasta di Gragnano – che l'Unione europea licenzi il marchio Igp. Il marchio europeo garantisce la provenienza e la qualità del prodotto e diventa uno scudo contro contraffazione e abusi». Il ritardo di Bruxelles si giustifica «con la priorità – aggiunge l'imprenditore campano – concessa dalla Ue al "pacchetto qualità" (norme che rafforzano le difese anticontraffazione per i Dop e ruolo più incisivo per i Consorzi di tutela ndr) rispetto a nuove Dop e marchi comunitari».
Ma serve davvero un'altra Igp? l'Italia ha 250 denominazioni riconosciute: «Serve, eccome – conclude Lopa – È uno strumento in più per aggredire i mercati e aiuta a fare sistema: bisogna andare oltre la naturale rivalità tra aziende. Inoltre il distretto offre opportunità anche per coloro che, pur in disaccordo, rientrano nel territorio».
Di Martino aggiunge che «il Consorzio svolge funzioni di promozione e integrazione dal 2001. E ha una tale connotazione merceologica da favorire anche i produttori artigiani». Del Consorzio della pasta di Gragnano fanno parte i pastifici Liguori, Di Martino, Faella, Gentile, Le Stuzzichelle, D'Apuzzo Sebastiano, Pastificio Campi, Le antiche tradizioni di Gragnano e La Fabbrica della pasta. Tutti sono tenuti a rispettare il disciplinare Igp (pubblicato nella gazzetta Ufficiale n. 198 del 25 agosto 2010), secondo il quale la pasta di Gragnano è il prodotto ottenuto dall'impasto della semola di grano duro con l'acqua della falda acquifera locale, con un particolare profumo di grano maturo e un caratteristico sapore sapido, dal gusto deciso. La pasta ha un aspetto rugoso, tipico della trafilatura al bronzo, e alla cottura si presenta soda ed elastica, con un'ottima tenuta. La produzione deve avvenire all'interno del comune di Gragnano.
Eccellenza o meno la crisi italiana dei consumi colpisce anche la pasta. «Per quanto riguarda la mia azienda – risponde Di Martino – quest'anno registriamo una stabilità del mercato nazionale. Ma per il resto è un anno record che arriva dopo un triennio record. A trainare il business è l'estero: esportiamo soprattutto nei paesi del G8. La crescita però non è tanto in quantità quanto a valore: merito dei formati speciali che offriamo. E dove produzioni di pregio con paccheri e conchiglioni costano di più degli spaghetti».
Il Pastificio gragnanese (ha compiuto 100 anni) dichiara un giro d'affari di 60 milioni, per il 95% realizzato all'estero. Inoltre la scorsa estate Di Martino si è aggiudicato la gara di affitto bandita dal Tribunale fallimentare di Salerno per il pastificio Antonio Amato. «È una sfida che vinceremo – sottolinea l'imprenditore – E quando arriverà il momento avremo un diritto di prelazione sull'acquisto».
Cresce anche la Fabbrica della Pasta. «Esportiamo persino in Mongolia – dice Moccia, direttore marketing (il fratello si occupa della produzione) – e quest'anno il fatturato salirà dell'8 percento. Oggi l'export pesa per il 35% ma l'anno prossimo doppieremo la boa del 50». Uno dei punti di forza dell'azienda (40 addetti più una decina stagionali) è quella di offrire 120 formati di pasta, di cui 12 sono brevettati. «Facciamo persino i fusilli» dichiara, con orgoglio, il 45enne Moccia. Ma l'imprenditore si rabbuia quando ricorda un maxi investimento di due milioni finito sul binario morto della burocrazia. «Abbiamo costruito uno stabilimento, finito in maggio e destinato alla produzione di pasta senza glutine, quella per i celiaci. Non quella sgradevole che si vede in giro ma pasta di Gragnano in 25 formati. Che però non possiamo vendere: la regaliamo ad amici o la esportiamo». E il test di gradimento? «I celiaci che la provano ci sommergono di ringraziamenti e hanno riempito di firme 7 libroni».
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