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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2012 alle ore 08:55.

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«Sono otto mesi che combatto con la burocrazia per costruire il nuovo stabilimento e dare lavoro alla gente. Sa che gli intoppi stanno facendo salire l'investimento del 30%? È scandaloso. Se fossi in Germania o in Svizzera avrei già completato i lavori». Spartaco Focardi è un tipo pratico, come tutti quelli che hanno cominciato a lavorare presto (a 16 anni, ora ne ha 58) e fatto una bella gavetta (operaio per 14 anni, prima di mettersi in proprio). E vorrebbe aver già speso quei 3,5 milioni di euro che serviranno a costruire il nuovo stabilimento di pelletteria a Figline Valdarno (Firenze), a cinque chilometri da dove opera adesso (a Castelfranco di Sopra, provincia di Arezzo).

Invece, per trasferirsi nei 2.400 metri quadrati della nuova fabbrica (più 600 mq di uffici), Focardi dovrà aspettare fino a settembre 2013. E pensare che non si tratta di un investimento comune. «È un progetto avveniristico dal punto di vista architettonico – spiega l'imprenditore, titolare della Pelletteria Ennepì che produce 22mila portafogli al mese per una top griffe, con 6,5 milioni di fatturato 2012 e 52 dipendenti diretti, cui si aggiungono 80 nell'indotto – e avrà corridoi a vetri che permetteranno ai visitatori di vedere la produzione, impianto fotovoltaico, palestra, sala Internet per i dipendenti. Io in questo mestiere ci credo, credo nel made in Italy e non ho paura della concorrenza cinese».

Il nuovo stabilimento Ennepì è destinato a segnare una svolta nel mondo della pelletteria, finora abituato a lavorare in capannoni anonimi e spogli. E rappresenta un altro passo in direzione della crescita industriale del comparto, che sta contagiando i fornitori di "primo livello" delle griffe. «Raddoppio gli spazi – spiega Focardi, che in passato ha lavorato per Fendi, Bulgari e Alviero Martini – perché sono convinto che le piccole dimensioni delle aziende non possano durare a lungo.

Dobbiamo crescere e, soprattutto, far crescere i nostri subfornitori: se tre o quattro piccoli laboratori di pelletteria che lavorano per me si mettessero insieme, io sarei disposto anche a comprar loro macchinari che costano 50mila euro. È questa l'evoluzione di cui ora ha bisogno il nostro settore». Più probabilmente, Focardi ingloberà nel nuovo stabilimento alcuni di quei laboratori esterni, che contano quattro-cinque persone ciascuno, e che altrimenti rischiano di rimanere in balìa del mercato e delle banche. «Un subfornitore deve fatturare almeno tremila euro a dipendente, altrimenti i suoi conti non possono tornare – dice l'imprenditore – e deve avere ben chiara la produttività: nella mia azienda i carichi di lavoro vengono controllati in base ai minuti impiegati, non ai pezzi prodotti, grazie a sistemi elettronici che permettono di avere il quadro in tempo reale. E la tecnologia costituisce un aiuto fondamentale». Focardi è l'esempio vivente dell'evoluzione del pellettiere-terzista: «È vero che la griffe manda la modelleria di un portafoglio, ma sono io che lo industrializzo risparmiando tre minuti di manodopera».

Grazie al nuovo investimento, Ennepì prevede nell'arco di due-tre anni di arrivare a 10 milioni di fatturato e a 80-90 dipendenti. La ricerca di personale è uno dei punti dolenti: «La manodopera è difficile da trovare – conclude Focardi che conduce l'azienda col figlio – e lo dimostra il fatto che io ho un solo apprendista. I giovani stanno volentieri ai macchinari elettronici, meno volentieri a cucire o assemblare un portafoglio».

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