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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2013 alle ore 06:43.

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MILANO
L'industria alimentare italiana non è più un'isola felice, ma rimane distante dalle crisi profonde degli altri comparti. La scivolone dei consumi ha aperto qualche crepa nel muro ma la solidità della nostra industria non è in discussione. Soprattutto grazie alla forza dell'export che nel 2012, nonostante prezzi medi lievemente superiori ai competitor, dovrebbe aver compiuto un balzo dell'8% a 25 miliardi. Per il 2013 si stima uno sviluppo compreso tra il 5 e il 7%.
«I recenti casi di ristrutturazione aziendale – interviene Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare – ultimi i casi Coca Cola, Carapelli e Bistefani, costituiscono un'assoluta novità per il nostro comparto. I margini sono stati in parte erosi ma la spinta dell'export è confortante: qualche mese fa eravamo preoccupati ma ora confidiamo che nel 2012 la crescita sia stata dell'8%, dopo il +10% del 2011». L'ultimo dato Istat sull'export alimentare, quello dello scorso ottobre, è stato del +14,9%.
Dell'euforia degli esportatori di agro-alimentare italiano è buon testimone Maurizio Gardini, presidente di Conserve Italia: un miliardo di fatturato (di cui 420 milioni all'estero) e marchi in portafoglio come Cirio, Yoga, Valfrutta, De Rica, Jolly Colombani. «Tirano moltissimo i mercati esteri – sostiene il top manager – con incrementi, considerati i vari mercati, compresi tra il 12 e il 20%. E con ottime prospettive di continuare con questo trend».
Traina soprattutto il marchio Cirio, a cui si accodano tutti gli altri brand della scuderia. «Siamo forti in Giappone – dice Gardini – negli Stati Uniti ma anche in Australia, Indonesia e Corea. E teniamo sotto osservazione il Brasile: vogliamo trovare una chiave d'accesso. Soffia un vento favorevole per il made in Italy e, a breve, proporrò alle cooperative di sottoscrivere un impegno forte per cogliere il momento». Il mercato domestico invece langue ma Conserve Italia fa meglio della media: le marche perdono lo 0,6% ma le private label ne guadagnano il 5. «La semestrale che abbiamo chiuso a fine dicembre – conclude Gardini – indica un +4% delle vendite che confido di portare a un +5% entro l'esercizio».
Buone notizie anche dal comparto dei salumi, uno dei volani del made in Italy. «Cresciamo – commenta Athos Maestri, ad di Fiorucci (250 milioni di fatturato nel 2012 e 15% di export) – nei mercati lontani: il Far east, Nord e Sud America; stabile invece l'Europa. E anche il 2013 seguirà questo trend».
Negli ultimi anni il vino è risultato uno dei maggiori driver di crescita del made in Italy. «Il mercato italiano è in crisi – interviene Vittorio Moretti, presidente di Holding Terra Moretti con le cantine Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta – ma gli spazi di crescita all'estero sono ampi. Bisogna però investire e il nostro Paese non ti supporta, se si fa eccezione degli aiuti previsti dall'Ocm vino. Siamo però contenti dei risultati raggiunti: esportiamo il 50% del rosso e arriveremo al 70%. Per le bollicine siamo 20». Quest'anno l'azienda bresciana fatturerà una trentina di milioni.
Decisamente proiettata all'estero anche la Cantina Ponte di Treviso, forte dell'incredibile successo internazionale del prosecco. «Abbiamo lanciato da un anno il marchio Teatro La Fenice – dichiara Valter Menazza, presidente della cantina – con un prosecco millesimato Doc, un rosé extra dry spumante e un pinot grigio Doc - e ha già raggiunto la boa delle prime 40mila bottiglie, delle quali quasi il 90% sono prosecco».
Secondo le stime dell'ufficio studi di Federalimentare, nel 2012 la produzione avrebbe registrato una limatura dell'1% con un fatturato intorno ai 130 miliardi: +2,3% a valore ma -1% a volume. L'export dovrebbe sfiorare i 25 miliardi, +8% sull'anno prima. Il comparto conta su 6.250 imprese e 406mila addetti, in calo di 4mila unità. «L'export tricolore – aggiunge Ferrua – potrebbe eguagliare paesi con meno tradizione dell'Italia, come la Germania. I tedeschi esportano il 25% della produzione e l'Italia quest'anno arriverà al 20». L'obiettivo non sembra fuori della nostra portata «anche perché nel 2013 – conclude Ferrua – la legge di stabilità ha riassegnato all'Ice una dotazione di 10 milioni che spingerà la promozione».
Meno confortante il quadro del mercato domestico. Secondo le rilevazioni puntuali di SymphonyIri, dall'inizio del 2012 le vendite di alimentari confezionati nella grande distribuzione viaggiano in territorio negativo. In volume, il dato fino a novembre e del -2,3% e, a valore, del -1,4%. Molto peggio ha fatto il non food, con cali a due cifre.
«E le vendite di Natale – commenta Gianpaolo Costantino, business solutions director di SymphonyIri – hanno risentito della fase acuta della crisi economica con un terzo trimestre eccezionalmente negativo nonostante il raffreddamento dei prezzi».
«Le famiglie sono in difficoltà – conferma Maestri – anche se poi la crisi si articola in modi diversi: perdono terreno i prodotti da taglio ma si difendono beni quelli confezionati, si soffre di più al Sud. In tutto questo Fiorucci si difende grazie alle diversificazioni (export, food service, negozi tradizionali e gdo ndr) e all'ingresso nel business delle marche private e del discount» E il 2013? «Sarà come il 2012».
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