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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2013 alle ore 06:43.

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FIRENZE
Un vero colpo di scena secondo lavoratori, sindacalisti, politici; il giusto stop a un'operazione traballante, a sentire pochi beninformati. Ieri mattina il tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di concordato preventivo presentata nelle settimane scorse dai liquidatori della Richard Ginori guidati da Marco Milanesio, e ha emesso la sentenza che decreta il fallimento della storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino (Firenze), chiusa dal 31 luglio scorso (314 lavoratori in cassa integrazione).
Lo stop del tribunale arriva all'ultimo minuto della partita per il salvataggio giocata in questi mesi dal collegio liquidatori che il 14 novembre scorso aveva scelto l'offerta presentata dall'americana Lenox e dalla rumena Apulum (controllata dalla italiana Rodytime) che si erano divise gli asset (il marchio Richard Ginori a Lenox, la fabbrica di Sesto Fiorentino sotto il controllo di Apulum) impegnandosi a riassumere, nel complesso, 280 addetti e a pagare 13 milioni. Nei giorni scorsi avevano annunciato di voler riavviare al più presto l'attività.
Il fallimento deciso ora dal tribunale, con la nomina del curatore Andrea Spignoli, riapre la porta all'unico altro pretendente di Richard Ginori: il gruppo piemontese Sambonet che fin dalla prima ora è stato in pole position per rilevare la manifattura ma che, dopo la pubblicazione del bando di gara, aveva messo sul piatto solo 7 milioni e la riassunzione di 150 lavoratori, accompagnati però da un dettagliato piano industriale. Pierluigi Coppo, titolare del gruppo Sambonet, rimasto alla finestra in attesa della decisione dei magistrati, è già pronto a rientrare in pista: «Siamo disponibili a riconsiderare l'acquisizione di Richard Ginori e abbiamo già chiesto un incontro con il curatore fallimentare».
Il curatore, ieri appena nominato, ha avuto un primo incontro con i rappresentanti sindacali dei dipendenti (i più sconcertati sono i Cobas, che avevano appoggiato fortemente la proposta Lenox-Apulum, e che ieri hanno manifestato sotto il Palazzo di giustizia), ai quali ha assicurato attenzione per l'occupazione nella vendita dell'azienda. Adesso, infatti, si aprirà la fase della cessione degli asset sul mercato, con la possibilità, remota, di autorizzare l'esercizio provvisorio all'interno del fallimento nel caso in cui esistano ordini da smaltire. A differenza del salvataggio tentato dai liquidatori, però, ora la vendita non avrà formalmente più i vincoli "forti" del mantenimento dell'occupazione e della soddisfazione dei creditori chirografari.
Proprio l'incerta soddisfazione dei creditori, del resto, è stata la crepa ravvisata dal tribunale nel piano presentato dai liquidatori e asseverato da un professionista terzo: troppe le condizioni che si sarebbero dovute verificare per centrare l'obiettivo, a partire dal sì all'utilizzo della legge Guttuso da parte del Governo, per compensare con la cessione del Museo delle porcellane di Doccia l'ingente debito fiscale che resta a carico di Richard Ginori. Il curatore (che è già stato consulente tecnico d'ufficio del tribunale proprio per Richard Ginori, e dunque conosce l'azienda) pubblicherà presto un nuovo bando di vendita. Marco Milanesio, fino a ieri presidente del collegio dei liquidatori, promette aiuto: «Ho dato la mia piena disponibilità a collaborare per arrivare a una soluzione della crisi d'impresa. Che si può risolvere in tre-quattro mesi, addirittura prima che col concordato».
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