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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2013 alle ore 23:22.
Miracolo italiano: l'Italia ha centrato tutti gli obiettivi di spesa dei fondi Ue. Unica eccezione, tra i 52 programmi finanziati dall'Unione, il piano nazionale "attrattori" che non ha raggiunto il target e dovrà restituire 33 milioni a Bruxelles. La spesa certificata a Bruxelles ha raggiunto una media del 37% contro un obiettivo del 31,5%. Le cinque Regioni "convergenza" (Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata) sono arrivate al 33,2% a fronte di un obiettivo del 27,4%. Le altre Regioni hanno raggiunto il 45,2% contro un obiettivo del 41,6%.
«Abbiamo seriamente corso il rischio di perdere quote importanti di fondi ma abbiamo scongiurato il pericolo. Sono molto soddisfatto», ha detto il ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, presentando la radiografia 2012 della spesa di fondi Ue.
Il dato più significativo dell'accelerazione di spesa, aldilà delle percentuali degli obiettivi raggiunti, è che sono stati spesi negli ultimi 14 mesi 9,3 miliardi, esattamente quanto era stato speso nei precedenti 58 mesi. Se si considera un periodo omogeno di 14 mesi antecedente, quello tra novembre 2010 e dicembre 2011, la spesa era stata di 8,2 miliardi, con un incremento che è dell'ordine del 12%. «Chi dice che questo governo non ha fatto politiche di sviluppo, dovrebbe tener conto di questo dato che significa lo 0,6 per cento del Pil», ha detto il ministro attribuendosi solo una parte del merito politico e amministrativo del successo, da condividere con i Governatori e le amministrazioni locali, anche con il suo predecessore, Raffaele Fitto, che aveva avviato l'operazione di riprogrammazione.
Il raggiungimento dei target è spiegato parzialmentente dalla riduzione del cofinanziamento nazionale ai programmi di spesa, avvenuto in tre tranche dal novembre 2011 a fine 2012. Barca lo ha correttamente detto. Il risultato è andato, però, oltre il salto garantito dall'espediente contabile. Se il primo risultato è aver salvato i fondi, il secondo risultato di cui Barca va fiero è proprio il fatto che molte regioni, anche del Sud, sono andate ben oltre i target fissati. Gli esempi più calzanti sono i dati relativi al Fesr (il fondo che finanzia prevalentemente infrastrutture) per Puglia e Sicilia. La Puglia doveva arrivare al 36,1% ed è arrivata al 41,8%. La Sicilia doveva raggiungere il 15,9% e ha centrato il 18,8%. Il dato in valore assoluto, poi, elimina qualunque dubbio sul risultato. La Puglia doveva spendere 1.621 milioni ed è arrivata a 1.876. La Sicilia doveva spendere 958,3 milioni e ha speso 1.133,7.
Dalla fotografia scattata a fine anno si evidenziano programmi e regioni che sono più indietro in termini di percentuale di spesa effettiva. Sotto il 20% c'è rimasto solo il piano nazionale reti e mobilità che, avendo al proprio interno grandi opere infrastrutturali, fa fatica a rimettersi in moto anche dopo la riprogrammazione. Tra le Regioni del Sud, Campania all'ultimo posto, intorno al 22%, con Sicilia e Calabria poco sotto il 30%. Più avanti, al solito, la Basilicata con il 48%, mentre il balzo più forte lo ha fatto registrare la Puglia, che ha centrato il 40% di spesa effettiva.
Ora c'è la sfida dei tre prossimi anni. «Restano da spendere 31,2 miliardi di euro per i prossimi tre anni. È una sfida enorme», ha detto Barca. «Ma anche una grande opportunità – ha detto il ministro – perché sono tutte risorse destinate allo sviluppo».
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