Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2013 alle ore 06:50.

My24


MILANO
«Guardi, gli americani vengono qui per investire, non certo per tagliare. Il distretto di Sassuolo diventerà il loro fiore all'occhiello».
Andrea Sasso non si sbilancia sui numeri, l'operazione di acquisto di Marazzi da parte del gruppo statunitense Mohawk deve ancora essere finalizzata. Ma il neo amministratore delegato del gruppo emiliano di piastrelle non ha dubbi, l'operazione darà vantaggi al territorio: «Ci hanno scelti per il brand, ma soprattutto per il know-how».
L'operazione Marazzi, annunciata lo scorso dicembre, rappresenta l'ultimo episodio di una ritrovata effervescenza nelle acquisizioni internazionali, dove i target italiani diventano più frequenti.
I dati Kpmg sull'intero 2012 evidenziano un calo a 90 operazioni su base annua, con una frenata di quasi 20 unità rispetto all'anno precedente.
Nell'ultimo trimestre c'è però una netta inversione di tendenza e quasi il 60% dei 9,7 miliardi di controvalore si è concretizzato tra ottobre e dicembre, con uno sprint proprio nelle ultime settimane.
Oltre a Marazzi, i casi Avio e Ducati, acquistati rispettivamente da General Electric e Volkswagen, rappresentano due degli esempi più eclatanti dal punto di vista dimensionale, ma scorrendo l'elenco delle operazioni realizzate nel 2012 si vede un progressivo allargamento dei target: non solo brand caratteristici del made in Italy ma anche aziende di meccanica e componentistica, decine di Pmi dove più che il marchio conta la capacità realizzativa, il saper fare, il presidio di prodotti di nicchia ad alto valore aggiunto.
«Sono settori che fanno gola – spiega il director di Kpmg Enrico Pilat – e non si tratta affatto di una moda. Il vantaggio del comparto è che qui è più difficile delocalizzare, non è agevole replicare altrove competenze realizzate in decenni di storia».
Un esempio è nel distretto piemontese della componentistica auto, dove pochi giorni fa Daytech è stata rilevata dal colosso giapponese Tokai mentre a fine novembre è stato definito il passaggio ai nipponici di U-Shin di alcune attività locali di Valeo.
«Operazioni da valutare positivamente – spiega il presidente di Amma (Aziende Meccaniche Meccatroniche Associate) Alberto Dal Poz – perché spesso in Italia vi sono vincoli alla crescita delle aziende. Certo, questi ingressi funzionano se l'obiettivo è mantenere l'occupazione, il ruolo della filiera locale, i rapporti con le università e i centri di ricerca. Finora però l'esperienza qui è stata positiva, dunque ben vengano i giapponesi».
Anche se l'Italia rimane ancora una meta marginale per gli investimenti esteri, negli ultimi anni si è assistito ad una netta crescita delle operazioni dopo il crollo del 2009.
Gli accordi registrati nel rapporto "Italia Multinazionale" realizzato da R&P per l'Ice sono stati 79 nel 2011, dimezzati rispetto al picco pre-crisi ma in crescita del 18% rispetto all'anno precedente.
L'altro cambiamento in atto è la tipologia di investimento, sempre meno "greenfield", partendo da zero, sempre più spesso un acquisto di attività già esistenti. Mentre la quota di "greenfield" negli ultimi anni ha sempre oscillato tra il 15 e il 20%, nel 2011 è crollata al 5% del totale, con appena quattro operazioni realizzate.
Il quadro settoriale delle partecipazioni estere vede nella manifattura poco meno di 2.500 casi, dove la parte del leone è costituita dalla meccanica, forte di 544 unità, seguita da metallurgia (271) e chimica (264).
Dal punto di vista geografico invece è ancora l'Europa a rappresentare la parte preponderante, con il 70,3% degli investitori, seguita dal Nord America con il 12,3% del totale. Ancora marginale la quota dei paesi emergenti, che tuttavia è in forte crescita, come testimoniano i casi degli Yacht Ferretti finiti in mani cinesi o del marchio di scarpe Lumberjack passato ai turchi di Ziylan, o ancora l'acquisizione di quote rilevanti del gruppo meccanico di maxi-talpe Seli da parte di due gruppi indiani e cinesi.
«La crisi ha portato un periodo di stasi micidiale – spiega Marco Mutinelli dell'Università di Brescia, coautore del rapporto "Italia Multinazionale" realizzato da R&P per l'Ice – ma ora che le previsioni ipotizzano un'inversione del ciclo vedo in arrivo un risveglio dell'attività di fusioni e acquisizioni. I nuovi target esteri sono da un lato i nostri brand, dall'altro le società di meccanica e beni strumentali, in possesso di un know-how difficilmente replicabile altrove».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

La mappa delle partecipazioni

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi