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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2013 alle ore 06:42.
MILANO
I vertici della Tangenziale esterna di Milano (Te) tentano il contrattacco legale. Dopo la sentenza del Tar della Lombardia (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), che sui lavori dell'infrastruttura ha dato ragione agli enti locali bloccando la realizzazione di due cave per il recupero degli inerti (nei Comuni di Gorgonzola e di Melzo, vicino Milano), gli azionisti di Te hanno deciso di muoversi rapidamente con un controricorso al Consiglio di Stato per chiedere di sospendere la decisione del Tribunale amministrativo, probabilmente con procedura d'urgenza. Le modalità verranno decise lunedì prossimo, durante un cda convocato in tutta fretta. I legali della società indicheranno la via più efficace, e probabilmente il consiglio, con i rappresentanti dei soci pubblici (la Provincia di Milano tramite Serravalle e poi a cascata tramite Tem) e i privati (tra cui gli stessi costruttori), approverà il documento all'unanimità.
Il ricorso al Tar è stato fatto lo scorso aprile dal Comune di Melzo sulla cava di Gorgonzola, a cui poi si sono associati il Comune di Gorgonzola e la Provincia di Milano. Il tribunale due giorni fa ha dato ragione a Melzo, e non solo sulla cava di Gorgonzola, ancora da realizzare, ma anche su quella di Pozzuolo Martesana, i cui lavori sono già in corso.
La tangenziale a Est di Milano, lunga 32 km per un valore di circa 2 miliardi, dovrebbe essere pronta per il 2015 ma sta accumulando ritardi su ritardi, tanto che ormai anche i vertici della stessa controllante Serravalle sembrano dare per scontato che per l'anno dell'Expo saranno pronti al massimo i 7 km del cosiddetto arco Tem, il minimo indispensabile per dare uno sbocco alla Brebemi, altra opera fondamentale per il 2015. Inoltre, dal punto di vista finanziario, Tangenziale esterna non naviga in acque tranquille. Ha ottenuto un prestito ponte da 120 milioni, e a marzo i soci dovranno effettuare un corrispettivo aumento di capitale. Per il resto però non è ancora chiaro quando verrà portato a termine il closing del project financing, mettendo così in sicurezza l'opera, per il quale servono ancora 360 milioni (su 580 totali), di cui l'azionista pubblico, in precario equilibrio finanziario, dovrà versarne un centinaio.
La decisione del Tar ha agitato non poco i vertici di Te, che ieri sera hanno già avviato le consultazioni per predisporre il controricorso. Come spiega il presidente di Te Raffaele Berardi, «è chiaro che se non ci sarà una sospensiva dovremo ricorrere a cave commerciali, con possibili extracosti e tempi dilatati».
Considerando che il ricorso è stato promosso anche dalla Provincia di Milano, non si può non notare la contraddizione di un azionista che da una parte deve garantire gli impegni della sua partecipata e dall'altra fa ricorso. Una posizione di mediazione è quella che sta assumendo l'ad di Te Stefano Maullu, che due giorni fa ha incontrato gli enti locali dicendo che verranno trovate soluzioni alternative, come ad esempio l'utilizzo di cave già esistenti.
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