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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2013 alle ore 20:10.

È scontro tra istituzioni europee Bruxelles sul «made in», la dicitura che indica il processo di rivalutazione della produzione artigianale e industriale di un paese per competere nella competizione commerciale internazionale.
Il Parlamento europeo ritiene che la Ue «deve rendere obbligatorio l'uso del marchio d'origine per i beni importati da paesi terzi». L'ennesima richiesta è stata votata oggi con una risoluzione unitaria sostenuta dai principali gruppi parlamentari a Strasburgo. L'Europarlamento ha criticato senza mezzi termini la Commissione per aver ritirato la proposta di regolamento sul «made in» sostenuta dai deputati fin dal 2010. È stato chiesto all'esecutivo Ue di avanzare una nuova proposta. Secondo l'Europarlamento, dato che gli Stati membri non sono riusciti a mettersi d'accordo sull'indicazione del paese d'origine obbligatoria per i prodotti importati, quali abiti, scarpe e gioielli, la Commissione deve esplorare altre strade per garantire «condizioni di parità tra le imprese europee e i loro concorrenti dei paesi terzi» e la tutela dei consumatori.
Solo un'etichettatura con l'indicazione del paese d'origine di un prodotto può garantire una scelta informata da parte dei consumatori, affermano i deputati. Il problema è che nella Ue non si applicano norme comuni sull'attestazione di origine delle merci importate, a eccezione di determinati casi nel settore agricolo e che paesi come Brasile, Canada, Cina e Stati Uniti già impongono tale obbligo su alcuni prodotti. Di qui l'asimmetria contro la quale da tempo si pronuncia l'industria italiana e non solo.
«Il mercato globalizzato porta sviluppo solo se le regole sono comuni e condivise - ha dichiarato l'europarlamentare Cristiana Muscardini (Ecr) -, l'Europa non può dirsi giusta verso i propri cittadini se non é capace di difenderne i diritti» approvando le stesse norme o chiedendone l'abrogazione nei paesi concorrenti.
La posizione di Confindustria
"Oggi - ricorda una nota di Confindustria - il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione sul made in, la proposta di Regolamento per l'etichettatura d'origine obbligatoria su alcuni prodotti importati nella Ue, che la Commissione europea, nell'ottobre scorso, aveva annunciato di volere ritirare". Il Parlamento "che in passato più volte si era già espresso a favore di una rapida approvazione del Regolamento, chiede alla Commissione di riconsiderare la propria decisione in modo da porre imprese e consumatori su un piano di parità rispetto ai competitor dei paesi extra-europei". Per l'associazione degli industriali "questa iniziativa del Parlamento rimette con forza all'attenzione della Ue il tema del made in, riaprendo una partita importante per garantire condizioni di parità con i partner commerciali dell'Ue che hanno schemi di etichettatura d'origine obbligatoria e di tutela dell'interesse dei consumatori".
"Ora - commenta Lisa Ferrarini, presidente del Comitato tecnico per la tutela del made in e lotta alla contraffazione di Confindustria - ci auguriamo che la Commissione porti a termine con determinazione l'iter del provvedimento, al fine di recepire le esigenze delle imprese che da tempo attendono una risposta di fondamentale importanza per molti settori industriali, tanto a livello nazionale quanto a livello europeo".
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