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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2013 alle ore 12:30.

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Una crescita del 5,1% nel 2012 e una previsione di quasi il 6% per quest'anno: l'economia vietnamita negli ultimi anni non ha mai smesso di andare bene, anche se la congiuntura internazionale ha ridimensionato un po' le impennate del Pil. Il Paese, una Repubblica popolare socialista che ha optato per l'apertura al mercato, può contare su 86 milioni di abitanti dei quali il 26% ha meno di 15 anni e il 75% meno di 30.

Una società giovane, dunque e in piena evoluzione, che, se i ritmi di crescita economica continueranno come negli ultimi anni, potrà offrire opportunità notevoli a chi si darà la pena di esplorare il suo mercato.
Proprio per presentare il Paese parte oggi a Roma, nella sede di Confindustria (che organizza l'evento insieme all'Ice e all'ambasciata vietnamita in Italia), un Forum dedicato al Vietnam, nel quadro di una serie di iniziative anche culturali che dureranno fino a mercoledì, in concomitanza con la visita in Italia del segretario del partito comunista vietnamita. L'iniziativa vede la partecipazione di 110 aziende italiane interessate al Paese, oltre al ministro dello sviluppo economico e a quello di ambiente e investimenti di Hanoi. A fare gli onori di casa Paolo Zegna, presidente del Comitato tecnico di Confindustria per l'internazionalizzazione.

L'iniziativa rientra nella politica del Governo vietnamita di aprire agli investimenti stranieri. I quali, secondo gli ultimi dati disponibili (relativi a fine 2011) rappresentavano un flusso di 7,4 miliardi di dollari e uno stock di 72,7 miliardi. Nel 2007 il Vietnam, già membro dell'Asean, è entrato nell'Organizzazione mondiale del commercio. Tra i settori chiave in espansione ci sono il turismo, il manifatturiero, l'edilizia e i servizi per le costruzioni, l'ambiente. La presenza italiana in Vietnam è ancora scarsa, inferiore a quella francese e tedesca. Tra le nostre imprese presenti, ci sono Piaggio, Bonfiglioli, Perfetti, Telecom, Iveco.

«C'è sempre maggior import di beni, anche di lusso, perché un'élite comincia a essere molto ricca», afferma Riccardo Marchesi, di Pacorini, azienda triestina di logistica per le materie prime, in particolare caffè, che fino a pochi mesi fa era responsabile commerciale per il Vietnam, dove ha vissuto quasi due anni. E prosegue: «Ci sono ottime opportunità per i nostri vini (i francesi dominano il mercato) formaggi e agroalimentare in genere. Poi l'abbigliamento. E per i macchinari, visto che molte aziende straniere, dato il basso costo del lavoro (150-200 dollari è il costo aziendale di un operaio), stanno spostandosi in Vietnam e i parchi industriali spuntano come funghi. Le infrastrutture sono ancora carenti, ma i porti funzionano bene. Le difficoltà?

Riguardano soprattutto la lingua, perché i vietnamiti non conoscono bene nemmeno l'inglese, e una burocrazia pesante, superabile grazie a una diffusa corruzione».

«Il Vietnam – afferma Matteo Tisselli, responsabile international per Oikos, azienda italiana a forte vocazione internazionale che fa colore e materia per l'architettura e ha sviluppato già alcuni progetti in Vietnam – come alcuni mercati del Far East, per certi versi è migliore della stessa Cina. Una Pmi italiana ha spesso difficoltà di rapporto con le controparti cinesi, veri e propri colossi che ragionano su standard di quantità e volumi poco adatte alle eccellenze del Made in Italy. In un mercato più piccolo come il Vietnam, invece, l'approccio commerciale è più diretto ed è più semplice veicolare i valori tipici dello stile italiano».

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