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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2013 alle ore 06:43.

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Il Governo prende tempo. Ma l'obiettivo resta sempre quello: trovare una soluzione che consenta all'acciaieria di Taranto di produrre e commercializzare i prodotti. Ieri in consiglio dei ministri, dove si è tornato a parlare del polo siderurgico tarantino, ha prevalso la prudenza e si è preferito congelare l'ipotesi di ricorrere al varo di un nuovo decreto – si è parlato di un Dpcm o un Dpr di attuazione della legge salva Ilva – che sbloccasse la situazione di stallo. Il timore di varare un nuovo provvedimento al momento giudicato non «opportuno» da più parti all'interno dell'Esecutivo e capace solo di incacrenire il confronto con la magistratura tarantina ha avuto infatti la meglio. Almeno per ora.
Gli occhi del Governo sono puntati su Taranto dove oggi è attesa la visita del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, e del sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio de Vincenti, che saranno accompagnati dal Garante per l'attuazione dell'Autorizzazione integrata ambientale, Vitaliano Esposito, e dal Commissario per la bonifica dell'area, Alfio Pini. Dopo il vertice in prefettura con azienda, enti locali e sindacati il ministro Clini dovrebbe incontrare anche il procuratore tarantino, Franco Sebastio, e il procuratore generale presso la Corte di appello di Lecce, Giuseppe Vignola. Un faccia a faccia tra il ministro e i magistrati che si spera possa contribuire a migliorare il clima e a trovare una soluzione in grado di "accontentare" tutti. La speranza del Governo è che la nuova richiesta di dissequestro "vincolato" presentata ieri dall'azienda possa sortire i suoi effetti: nel caso in cui la magistratura decidesse di dissequestrare i prodotti finiti e semilavorati giacenti sulle banchine del porto, i soldi incassati dalla vendita della merce sarebbero infatti destinati – questo l'impegno dell'azienda – ad adempiere alle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale e a pagare gli stipendi. In caso di mancato dissequestro delle merci (un milione e 700mila tonnellate per oltre un miliardo di valore) il blocco delle commesse e la conseguente mancanza di liquidità potrebbe, invece, mettere a rischio le retribuzioni, gli investimenti per il risanamento e la continuità produttiva. Da qui il pressing del Governo per applicare «integralmente e immediatamente» la legge salva Ilva che prevede da una parte l'attuazione dell'Aia e dell'altra lo sblocco della merce. Un passaggio necessario, questo, da raggiungere anche in pendenza del giudizio della Corte costituzionale che a febbraio si pronuncerà sull'ammissibilità del ricorso presentato dal tribunale d'appello del capoluogo pugliese.
Venerdì scorso un vertice del Governo con azienda, Confindustria, sindacati ed enti locali si era chiuso con un documento comune, illustrato dal premier Monti, che andava in questo senso. Lo stesso ministro Clini si era detto poi favorevole anche alla possibilità di ricorrere a un nuovo decreto per sbloccare la situazione nel caso in cui il Gip di Taranto non avesse deciso per il dissequestro. Cosa che poi è avvenuta. Per ora però il Governo ha deciso di aspettare.
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