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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2013 alle ore 10:55.

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Riccardo Monti, presidente dell'IceRiccardo Monti, presidente dell'Ice

La spia rossa si è accesa a novembre, con i risultati dei Paesi europei che hanno ridimensionato le performance del nostro export nei Paesi emergenti. L'internazionalizzazione si sta rivelando una questione più complessa del previsto, che richiede sforzi e idee straordinarie perché davvero le vendite all'estero facciano da traino alla ripresa. Per questo Riccardo Monti, presidente dell'Agenzia Ice, attribuisce «un'importanza cruciale» al Piano nazionale dell'export 2013-2015 presentato la scorsa settimana.
Nel piano ci sono grandi dosi di rifocalizzazione verso nuove aree di sbocco, ma resta la consapevolezza che i mercati tradizionali vadano accuratamente difesi, anche con nuove armi. Un esempio? «L'accordo – dice Monti – appena firmato da ministero dello Sviluppo economico e Ice per la promozione del made in Italy di eccellenza nei department stores della tedesca Karstadt». Da un lato arriva una risposta immediata al preoccupante calo di vendite verso la Germania, nostro primo partner commerciale, la cui frenata ha lasciato sugli ultimi dati del nostro export (novembre) una lunga ombra. Dall'altro – prosegue Monti – «si sperimenta con maggiore convinzione rispetto al passato la leva della grande distribuzione».

La campagna promozionale "Italy Lives in Premium" sarà ospitata a Berlino, Monaco e Amburgo nel grandi magazzini della catena di lusso Karstadt, che investirà circa 3 milioni di euro con acquisti di prodotti italiani superiori rispetto ai volumi abituali. Una vetrina eccellente (potenzialmente 300 milioni di visitatori all'anno) per il nostro agroalimentare, ma anche per l'abbigliamento e le calzature, l'arredo casa e i profumi. L'obiettivo è una clientela di fascia alta, la stessa a cui saranno indirizzate operazioni analoghe in altri Paesi. «La Gdo – spiega Monti – è un canale strategico, perché favorisce l'acquisto abitudinario e il radicamento in determinati mercati. Lo stesso tipo di lavoro è in corso in Cina. Inoltre il contesto normativo ci aiuta dopo che è stato consentito alla nostra merchant bank Simest di effettuare coinvestimenti anche nella distribuzione».

Monti non nasconde comunque che il puzzle dell'internazionalizzazione va completato con molti altri pezzi. «Il Piano 2007-2013 cerca di rispondere a tutte le esigenze del sistema. Ci sono aree tradizionali come il Giappone e gli Usa in cui stiamo ottenendo grandi risultati, da consolidare, e aree nuove su cui investire: Paesi Opec, Africa subsahriana, Indonesia, dove organizzeremo una missione di sistema. In Cina invece dobbiamo fare un salto di qualità, perché in questi anni non si è investito abbastanza». La nuova mappa dovrà essere funzionale all'obiettivo di aumentare le esportazioni di 145 miliardi in un triennio per raggiungere quota 620 miliardi. «È un target realistico se non addirittura conservativo, suffragato da una serie di fattori, tra i quali l'emersione di una classe media propensa a consumi pregiati, la crescente diffusione di accordi di libero scambio, la domanda in aumento di food di qualità, la "curva di esperienza" che vede un sempre maggior numero di aziende italiane che imparano a internazionalizzarsi». Molto, poi, inciderà il settore di punta del made in Italy, la meccanica, favorito da un numero in crescita di Paesi che stanno sviluppando l'industria manifatturiera.

Diverse leve, dunque. Ma anche pesanti incognite rinviate al prossimo governo. La prima è il budget promozionale dell'Ice: «C'è una richiesta formalmente avanzata da Confindustria per raddoppiare la dote da 30 a 60 milioni, livello che sarebbe comunque pari a meno della metà dei nostri principali competitor». E, tra le urgenze, svetta la costituzione di una vera Export Bank sul modello di soggetti che operano con efficacia in Germania, Usa, Cina, Corea. «Uno strumento che consentirebbe di abbattere sia il costo della garanzia che il costo del finanziamento per le nostre imprese che vanno all'estero». Solo nel settore delle grandi infrastrutture, assicura Monti, l'Export bank potrebbe farci raddoppiare il fatturato estero da 10 a 20 miliardi annui.

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