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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 09:40.

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Naspers sta al mondo emergente come il gruppo Murdoch sta a quello occidentale. La media company sudafricana nasce nel 1915 come piccolo stampatore di Cape Town e ora, con i suoi 5,3 miliardi di dollari di fatturato 2012, è il re dei nuovi media dell'universo Bric. Da Internet al mobile, passando per la pay tv. Nel suo paniere ci sono campioni d'affari come la piattaforma cinese Tencent, o la russa Mail.ru; ma anche operatori meno noti eppure rampanti come la brasiliana Abril, la polacca Gadu-Gadu, l'ungherese Arukereso (una specie di Kelkoo che va forte in tutta l'Europa centro-orientale) o la Buzzcity di Singapore.

Il nome Naspers, con tutti i suoi satelliti, non vi dice nulla? Vi dirà presto qualcosa: per gli esperti di Boston Consulting Group è fra le cento multinazionali emergenti in grado di sfidare alla pari le grandi aziende occidentali. «Global challengers», le chiamano letteralmente. Gli "sfidanti" dei mercati globali. Che nell'edizione di quest'anno della classifica hanno una marcia in più: non sono solo avversari, ma all'occorrenza sanno diventare anche preziosi alleati delle imprese del Vecchio mondo.
Come? Innanzi tutto acquistando beni e servizi dai fornitori occidentali. Per i quali il mercato potenziale è enorme: 1.700 miliardi di dollari, stimano i consulenti del Boston Consulting. Soltanto Huawei, nel 2011, ha acquistato dalle aziende americane parti e componenti per un controvalore di 6,6 miliardi.

Le occasioni per le imprese occidentali non si fermano alla fornitura, ma si allargano alle partnership. Quelle più classiche hanno nel mirino lo sbarco e la conquista dei mercati emergenti: il produttore indiano di moto Bajaj, ad esempio, ha stretto un'alleanza con la giapponese Kawasaki per commercializzare insieme i loro prodotti sui mercati nuovi - per loro - dell'Indonesia e del Brasile.
Il sempre più elevato grado di innovazione raggiunto da queste imprese emergenti consente ormai anche un altro tipo di accordi, che mettono al centro la funzione di Ricerca e sviluppo in un rapporto alla pari in cui entrambi i partner danno e non solo ricevono. È il caso della Mexichem, colosso della chimica messicana, che lavora spalla a spalla con la statunitense Oxychem per la produzione di un particolare monomero, ingrediente chiave dei prodotti in Pvc.

Nelle cento aziende della classifica Boston Consulting sono rappresentati quasi tutti i settori, con una prevalenza delle aziende che operano nel mercato consumer. Segno che il pubblico emergente è sempre più disposto a spendere. Cina e India la fanno da padrone: trenta società la prima, venti la seconda. Ma anche Sudafrica, Turchia e Malaysia si difendono bene; e quest'anno, fra le new entry, spuntano anche la Colombia (con il Grupo Empresarial Antioqueño), il Qatar (con Qatar Airways) e gli Emirati (con Etihad Airways).
La capacità di crescita di queste aziende è indiscutibile. Tra il 2008 e il 2011, mentre la crisi falcidiava le imprese occidentali, questi campioni emergenti hanno messo a segno una crescita media annua dei fatturati del 16 per cento. E tra il 2006 e il 2011, in cinque anni, hanno saputo creare 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro.

Il paradigma del low cost non è più necessariamente il loro mantra. C'è chi si distingue per la qualità: come le commpagnie aeree mediorientali, pluripremiate a livello mondiale per il livello dei servizi offerti. E c'è chi si qualifica per la sua capacità di innovazione. Come Mexichem, si è detto. O come Alibaba.com, l'Ebay cinese: sua l'invenzione di Alipay, un metodo di pagamento per la merce online (i soldi lasciano il conto del compratore solo dopo che ha ricevuto, e soprattutto visionato, la merce) che nel 2010 ha superato persino Paypal quanto a numero di utilizzatori. Alibaba.com è riuscito anche a sbarcare con successo nella patria degli inventori dell'e-commerce, gli Stati Uniti: a metà 2012 la piattaforma cinese contava più di 5 milioni di iscritti a stelle e strisce.

Dei 100 nomi della classifica 2013, 26 sono new entry. La scheda a fianco ne racconta alcuni. Cui vanno aggiunti diversi vettori aerei (la malese AirAsia e Turkish Airlines, accanto alle due citate compagnie mediorientali), qualche farmaceutica (l'indiana Sun, la sudafricana Aspen Pharmacare), alcune compagnie telefoniche (la russa VimpelCom, la sudafricana Mtn Group).
Poi c'è chi la lista l'ha lasciata: la compagnia aerea Emirates e la petrolifera Saudi Aramco. Ma non certo per retrocedere di rango. Perché oggi queste aziende sono considerate multinazionali a tutti gli effetti.

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