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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2013 alle ore 06:43.

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BOLOGNA
Un'azienda metalmeccanica su sei ha chiuso i battenti dal 2007 a oggi lungo la via Emilia e la quota sale a una su quattro se si parla di imprese artigiane. In termini di occupati questo ha significato oltre 16mila posti di lavoro in meno dal 2007 al 2011, ultimo dato disponibile. Ma ancora oggi la crisi coinvolge, nel cuore meccanico dell'Emilia-Romagna, secondo i sindacati, 2mila imprese e oltre 48mila lavoratori, tra procedure di cassa integrazione, contratti di solidarietà, mobilità. Nomi come Bonfiglioli, Electrolux, Terim, Menarini, Berco. Quasi un lavoratore metalmeccanico su tre sta facendo ricorso ad ammortizzatori sociali, con picchi superiori al 50% nel Forlivese. Senza contare le centinaia di piccole imprese dell'indotto che, prive di marchio e di mercato finale oltreconfine, chiudono senza fare notizia. Mentre il bollettino di crisi gestito dai sindacalisti in Emilia-Romagna «peggiora di settimana in settimana», commenta Bruno Papignani, segretario regionale della Fiom Cgil, sigla che arriva a rappresentanze bulgare dell'80% nel settore e suona un allarme: il graduale esaurirsi degli ammortizzatori aperti ormai da cinque anni e l'entrata in vigore del nuovo Aspi della riforma Fornero rischiano di creare un grosso problema di tenuta sociale nella regione.
Il pesante tracollo occupazionale non è lo specchio, in realtà, di pari difficoltà industriali. Il comparto della meccanica resta uno dei più resilienti in regione: l'ultima congiuntura Unioncamere racconta di una flessione tendenziale, nel terzo trimestre 2012, dell'1,4% per la produzione, dell'1,8% del fatturato e del -2,2% degli ordini, contro flessioni medie dell'industria regionale tre volte superiori. «La situazione drammatica è quella che abbiamo vissuto nel 2009, con il blocco del commercio mondiale e cali dei fatturati industriali del -30 anche -50%, non il quadro attuale. Oggi la situazione è complessa, perché non esiste più programmabilità dei cicli e l'altalena della domanda si ripercuote sulle esigenze di flessibilità della produzione. Questo è il nodo del confronto sindacale», spiega Fabio Storchi, presidente della reggiana Comer Industries (meccatronica) e vicepresidente nazionale Federmeccanica. E avverte: «Attenzione a comprimere ulteriormente la fiducia, perché oggi anche una parola di ottimismo in più può aiutare la ripresa». Storchi ricorda che le aziende capofila della filiera meccanica internazionalizzata sono in crescita ben oltre i livelli pre-crisi e che nicchie come le macchine automatiche o le auto di lusso (Ferrari, Lamborghini) hanno chiuso nel 2012 bilanci record.
A dare ragione a Storchi sono gli ultimi dati Istat sull'export, che vedono la meccanica emiliana-romagnola in ulteriore crescita di 5 punti percentuali nei primi tre trimestri del 2012 (macchinari e mezzi di trasporto valgono oltre il 40% dei 50 miliardi di export regionale e il 15% dell'export nazionale di settore). Dinamiche confermate dall'ultimo Monitor dei distretti IntesaSanpaolo, che nel terzo trimestre 2012 registra una crescita tendenziale a due cifre dell'export nel cluster bolognese del packaging (+19,6%), sempre a Bologna per i ciclomotori (+20,7), per le macchine utensili di Piacenza (+44,2%) a fronte di cali sì, ma decisamente più contenuti, per la meccanica agricola tra Modena e Reggio (-2,8%), le macchine per il legno di Rimini (-2,2) e la food machinery di Parma (-0,4).
Numeri che sono lo specchio di quelle aziende globalizzate e innovative che meno soffrono la recessione. Eppure sui tavoli aperti dei sindacati ci sono anche i 230 tagli previsti alla Bonfiglioli, colosso bolognese dei motoriduttori (con sedi a Modena e Forlì) che ha l'80% del fatturato e diverse filiali all'estero ma deve fare i conti con oltre un terzo dei lavoratori del gruppo ancora in Italia: uno squilibrio con cui non riesce a essere competitivo sui mercati globali. Sempre a Bologna c'è nebbia sul futuro dei 270 lavoratori della BredaMenarini (Finmeccanica) e dei 130 esuberi della holding Usa Kemet Arcotronics. Così come è di prossima apertura una procedura per 70 esuberi alla Saeco, gruppo Philips, «che rischia di lasciare un vuoto senza alternative in aree isolate come Gaggio Montano, sull'Appennino bolognese», racconta Giordano Fiorani, segretario Fiom di Bologna, 18mila lavoratori metalmeccanici sui 50mila stimati nel territorio in Cigo, Cigs, Cigd o solidarietà. «Confindustria propone un allungamento delle ore lavorate – aggiunge – la mia battaglia è invece per rendere operativi i contratti di solidarietà espansivi, previsti dal nostro ordinamento ma mai utilizzati, per ridurre l'orario di lavoro e allargare la base occupata».
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