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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2013 alle ore 06:44.

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In Italia non c'è più spazio per nuovi aeroporti. Quelli annunciati a Viterbo o vicino Caserta, a Grazzanise, non servono. Piuttosto vanno potezianti 31 scali di «interesse nazionale», a cominciare dai grandi hub come Malpensa, Fiumicino e Venezia che hanno bisogno di infrastrutture e servizi. Sugli altri 15 scali italiani dove oggi atterrano voli di linea saranno le Regioni a decidere: metterli in rete o specializzarli. Oppure chiuderli, cosa possibile per diversi mini-terminal, perché chi non produce conti economici in equilibrio non potrà più sperare in qualche generoso aiuto pubblico che puntelli i bilanci in rosso già oggi molto frequenti. Ma dovrà ristrutturarsi o altrimenti chiudere i battenti perché senza sostenibilità economica rischierà di vedersi sfilare la concessione.
A disegnare la nuova mappa e a fissare i paletti dello sviluppo aeroportuale italiano dove oggi transitano 149 milioni di passeggeri è il Piano nazionale sugli aeroporti presentato ieri dal ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera e dal vice ministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia. Un atto «atteso 26 anni che colma una lacuna», avverte Passera, che ora dovrà incassare l'ok formale delle Regioni – che hanno già condiviso il lavoro – e i pareri di rito previsti nel Dpr che lo conterrà. Passaggi, questi, che saranno ultimati dal prossimo Governo.
Che l'Italia sia un Paese dove ci sono troppi aeroporti, spesso piccole cattedrali nel deserto o strutture fantasma con pochi passeggeri, lo dicono i numeri: oggi si contano 112 scali funzionanti, di cui 90 aperti al solo traffico civile, 11 militari aperti a voli civili e 11 solo ad uso militare. In tutto sono 46 gli aeroporti dove atterrano voli di linea: ai 43 civili se ne aggiungono i 3 militari di Grosseto, Pisa e Trapani Birgi. Il piano punta prima di tutto a ridurre il loro numero e a riorganizzarli: per questo vengono scelti 31 scali di «interesse nazionale» che costituiranno l'ossatura strategica su cui fondare lo sviluppo nei prossimi anni. È qui che si concentreranno gli «interventi infrastrutturali prioritari»: in pratica gli investimenti pubblici e privati che andranno dal poteziamento dei terminal al miglioramento dei collegamenti. Nell'elenco dei 31 "magnifici" ci sono innanzitutto i 10 maxi-scali di «rilevanza strategica» Ue (Bergamo, Bologna, Genova, Milano Linate, Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino e Venezia) e poi i 13 dove ogni anno transitano oltre 1 milione di passeggeri (Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona). Completano la lista quattro scali con traffico sopra i 500mila passeggeri (Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste) e due "indispensabili" per la «continuità territoriale»: Lampedusa e Pantelleria. Infine i due "ripescati": Rimini perché in grande crescita e Salerno perché destinato a delocalizzare il traffico del terminal di Napoli, da qui anche la decisione di rinunciare a Grazzanise.
Sono quindici, invece, i grandi assenti: si va dagli scali di Bolzano e Crotone, passando per Brescia, Perugia e Forlì fino a quello siciliano di Comiso costato già decine di milioni e mai aperto. Esclusioni, queste, che già ieri hanno provocato molte reazioni a livello locale, a partire dal governatore della Campania Stefano Caldoro che ha difeso l'idea dello scalo di Grazzanise: «Resta la soluzione del futuro». Mentre il Comune di Viterbo ha fatto sapere che chiederà un risarcimento per la mancata realizzazione dello scalo (al posto suo il piano punta sul potenziamento di Fiumicino). Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, il sindaco di Pisa Marco Filippeschi e il sindaco di Firenze Matteo Renzi hanno invece inviato una lettera al ministro Passera per chiedere di inserire gli scali di Pisa e Firenze – 6,5 milioni di passeggeri in due – tra i dieci "big". Il piano lancia, infine, un messaggio preciso a Regioni e Comuni che in tanti anni di deregulation non hanno resistito alla tentazione di battezzare nuovi terminal, spesso di formato bonsai: l'obiettivo per tutti dovrà essere quello di procedere alla «progressiva dismissione di quote societarie da parte degli enti pubblici e favorire – recita il piano – l'ingresso di capitali privati». E gli interessati non mancano: il Gruppo Corporacion America, gestore di 51 aeroporti nel mondo, ha già fatto sapere ieri che sta guardando con particolare interesse a Bologna, Genova, Salerno e Ancona – con cui è già in fase avanzata di trattative –, oltre che ad alcuni scali siciliani.
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