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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 08:17.

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C'erano una volta tre milioni di ettari coltivati da oltre un milione di agricoltori. C'erano, perché oggi non ci sono più: abbandonati in montagna e collina o cementificati in pianura. Un declino inarrestabile che negli ultimi trenta anni ha favorito il dissesto del territorio con le conseguenti frane ed emergenze. È la denuncia del presidente della Coldiretti, Sergio Marini, in occasione della conferenza nazionale sul rischio idrogeologico che coinvolge 6.633 comuni italiani, l'82% del totale. Una fragilità che risulta particolarmente elevata nella provincia di Trento, dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, seguita da Marche e Liguria (col 99% dei comuni a rischio) e da Lazio e Toscana (col 98%). «Ma la dimensione del rischio – aggiunge Marini – è ovunque preoccupante, con una superficie delle aree ad alta criticità geologica che si estende per 29.517 Kmq, il 9,8% del territorio nazionale».
Per questo l'Associazione nazionale delle bonifiche (Anbi) presenterà al nuovo governo, se possibile già a marzo, un piano straordinario di manutenzione del territorio che prevede 3mila interventi su canali, argini o infreastrutture, per un investimento complessivo di 6,8 miliardi. «L'investimento nella prevenzione – ha sottolineato il presidente dell'Anbi, Massimo Gargano – va inquadrato nell'indispensabile revisione della spesa pubblica, perché abbiamo dimostrato che riparare i danni post-emergenza costa 5 volte di più che prevenirli, senza contare il tributo in vite umane e le pesanti conseguenze sociali, che frane ed alluvioni comportano per le comunità». Insomma, serve un cambiamento di rotta delle istituzioni: «Il nostro obiettivo – ha aggiunto Gargano – è quello di accendere l'attenzione della politica su questi temi guardando anche ai candidati alle prossime elezioni».
Le contromosse al dissesto del suolo e ai cambiamenti climatici, in ogni caso, sono una priorità anche per il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, che ha messo nero su bianco un Piano presentato al Cipe il 21 dicembre scorso. Una prossima riunione è prevista per l'8 marzo, quando il ministro si augura che «si possano fare passi avanti per individuare strumenti concreti per finanziare gli interventi». Il programma richiede risorse per 40 miliardi. «Credo – ha detto Clini – che in 15 anni con 2,5 miliardi all'anno il nostro Paese possa raggiungere l'obiettivo della messa in sicurezza del territorio».
Il capitolo risorse ha quattro capisaldi: utilizzazione dei proventi di vendita dei permessi sulle emissioni; tassa di scopo sui carburanti (circa 2 miliardi l'anno) utilizzando una parte del prelievo che già c'è sulla benzina; credito di imposta per imprese che investono sulla gestione del territorio; Fondo rotativo (nel dl «Crescita») per le aziende verdi che assumono giovani. «Mi auguro – ha concluso Clini – che il nuovo governo possa utilizzare il Piano fin da subito».
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