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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2013 alle ore 08:39.

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MILANO
Per Pedemontana i segnali di crisi si fanno sempre più evidenti. Questo mese le imprese costruttrici del consorzio Pedelombarda non sono state ancora pagate per l'ultimo stato di avanzamento lavori (Sal), per un importo pari a 15 milioni, e tantomeno sono stati saldati i conti di gennaio, di cui mancano all'appello 7 milioni su 15. L'assegno per l'ultimo Sal sarebbe dovuto arrivare il 10 febbraio, ma per ora nulla. E nemmeno c'è traccia dei milioni arretrati del mese scorso. La liquidità insomma si è ridotta drasticamente, così tanto da non riuscire nemmeno più a garantire il proseguimento dei cantieri per il prossimo mese.
Intanto si avvicina il giorno cruciale: il 28 febbraio, quando l'opera potrebbe definitivamente fermarsi. L'articolo 9 dell'atto aggiuntivo al contratto per la realizzazione della prima parte dell'infrastruttura, sottoscritto da Pedemontana e dal consorzio di imprese guidato da Impregilo (che ha vinto l'appalto), indica proprio questa come data: «Nel caso in cui al 28 febbraio 2013 Apl (Pedemontana) non abbia dato comunicazione di avere acquisito le ulteriori risorse previste nelle premesse, l'obbligo del prefinanziamento verrà sospeso e Apl si impegna a non esigere e non consentire l'esecuzione dei lavoro per i quali non disponga di risorse finanziarie occorrenti per il pagamento puntuale dei Sal». Le risorse a cui si fa riferimento sono sostanzialmente 200 milioni: 100 milioni per pagare i lavori degli ultimi 3 mesi e altri 100 per garantire i cantieri almeno fino a giugno.
Ma ora i nodi vengono rapidamente al pettine. Gli aumenti di capitale non sono stati mai fatti, la società Pedemontana – e ancora prima Serravalle, che la controlla col 68% – non ha aperto il capitale ai privati e ora procedere è praticamente impossibile.
L'opera, 67 chilometri da Cassano Magnago (Varese) a Osio Sotto (Bergamo), ha un valore complessivo di 5 miliardi, e per ora ha ricevuto solo 200 milioni di prestito ponte più altri 200 come equity.
Negli ultimi mesi si è parlato di altre misure "tampone": un altro aumento di capitale da 100 milioni, un nuovo prestito da altri 100 milioni e un ulteriore finanziamento pubblico per 110 milioni da parte di Cal, la concessionaria regionale, che avrebbe optato, secondo quanto dichiarato lo scorso autunno, per un rimborso dal 30 all'80% dei lavori svolti, intensificando quindi l'erogazione di 1,2 miliardi pubblici. Tuttavia l'aumento di capitale da 100 milioni, pur essendo stato deliberato da Pedemontana, non è stato versato dai soci: le banche azioniste hanno comunicato di non volerlo sottoscrivere e anche Serravalle per ora ha messo solo 26 milioni su 68. Nemmeno Cal, che subordinava il suo finanziamento proprio all'aumento di capitale, ha proseguito nelle sue intenzioni. Oggi però il presidente di Serravalle Marzio Agnoloni (nonché ad di Pedemontana) si dichiara pronto «a mettere sul piatto tutti i soldi se le banche proseguiranno nella loro volontà di non partecipare».
Alcuni consiglieri di Serravalle, in primis il vicepresidente Paolo Besozzi, stanno propendendo per un progetto che prevede un aumento di capitale per 380 milioni con l'ingresso di nuovi soci, ma ancora non se ne è discusso in consiglio.
Il cda di Serravalle intanto si riunirà venerdì. In questa sede Gavio, azionista col 13%, chiederà spiegazioni sul fatto che per il secondo tratto di Pedemontana siano state concesse delle proroghe a Strabag, la società austriaca che si è aggiudicata la gara e che ha accumulato mesi di ritardo per la presentazione del progetto esecutivo. Ritardo che per qualcuno potrebbe essere fonte di altri problemi.
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