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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 16:21.

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«Finalmente si può aprire una fase nuova nella vita di questa associazione, necessaria per affrontare sfide difficilissime, prima fra tutte la tutela del copyright in rete».

Filippo Sugar, 41 anni, presidente del consiglio di amministrazione di Sugar Music Spa, fondata nell'immediato dopoguerra e tuttora interamente posseduta dalla famiglia, guarda alle prossime elezioni degli organismi dirigenti della Siae, previste per il 1° marzo, come a un passaggio fondamentale per la società che si occupa della tutela del diritto d'autore.

Elezioni che arrivano dopo due anni di commissariamento, partiti con conti in rosso per 18,6 milioni a fine 2010, passati in nero per un milione nel 2011. Ma si tratta anche di una tornata elettorale accompagnata da polemiche fra chi, da una parte, vede per il futuro una Siae "dei ricchi", in mano alle major e, al contrario, chi ritiene che finalmente, grazie a un nuovo statuto, si stia per arrivare a un'associazione "governabile". Il nodo della contesa è proprio lo statuto approvato durante la gestione del commissario straordinario Gian Luigi Rondi, arrivato a marzo 2011 e affiancato da Mario Stella Richter e Domenico Luca Scordino.

Sul banco degli imputati c'è l'articolo 11 in cui si prevede che «ogni associato ha diritto a esprimere nelle deliberazioni assembleari almeno un voto e poi un voto per ogni euro di diritti d'autore percepiti». È da qui che parte la protesta di parla di società che risponderà solo a logiche di censo. «Quella cui stiamo assistendo – afferma sul punto Sugar che, dal 2009, è presidente della Fem di cui fanno parte oltre 60 società di editori musicali – è la rappresentazione demagogica di una realtà totalmente trasformata». Il ragionamento, aggiunge, deve partire dall'«ingovernabilità che ha portato al commissariamento» ritenuta «figlia delle precedenti norme che hanno lasciato la Siae alla mercé di professionisti dell'associazionismo, che però non fanno il bene della Società».

Per Filippo Sugar il discorso va retrodatato al 1992, «quando una sentenza del Consiglio di Stato ha cancellato la distinzione fra soci e associati. Da qui, principalmente deriva l'ingovernabilità». Alcuni numeri per il presidente Fem possono essere esplicativi: «La Siae ha al suo interno circa 83mila autori e 2-3mila editori della sezione Musica (che pesa per oltre il 70% sugli incassi, ndr). Gli autori con oltre 10mila euro di diritti annuali sono circa 1.500; meno di mille quelli con più di 20mila euro. Degli 83mila autori, poi, 17mila non incassano nulla. Quindi, quanti possono considerarsi dei professionisti che vivono di diritti d'autore e quindi legittimamente aspirare di poter partecipare agli organi sociali per contribuire alla tutela dei loro legittimi interessi amministrati dalla Siae?». La Siae di domani invece, precisa Sugar «deve essere autorevole ed efficiente per poter vincere la competizione con le altre società di collecting e quindi garantire un'autorevole tutela del patrimonio culturale italiano».

Intanto c'è chi affila le armi contro le prossime elezioni. Ieri Arci, Acep e Audicoop hanno protestato davanti alla sede della Siae a Roma. Da loro e dal Fuis (Federazione unitaria italiana scrittori) sono partiti poi due ricorsi al Tar del Lazio che saranno discussi il 20 febbraio. «Questo statuto – afferma Alessandro Angrisano, vicepresidente Acep – avrà come effetto quello di dare la governance, in maniera pressoché esclusiva, di un ente pubblico agli associati più ricchi».

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