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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 06:44.

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MILANO.
Le dogane dei paesi europei come un cordone sanitario integrato, dove diventerà più facile e veloce ritirare prodotti pericolosi, con regole coerenti, procedure standard e senza doppioni. In caso di rischi sui prodotti, si applicheranno controlli rafforzati in tutta l'Unione. I test richiesti dalle autorità di un paese membro varranno per tutti. Se non risulteranno sicuri, sarà più facile imporre restrizioni o divieti di commercializzazione.
La proposta di regolamento sulla vigilanza di mercato è il secondo tassello – oltre a quello sulla sicurezza e l'etichettatura dei prodotti – dei progetti presentati mercoledì a Bruxelles dal vicepresidente della Commissione Ue e commissario all'Industria, Antonio Tajani e i colleghi Tonio Borg (commissario alla Salute) e Algirdas Semeta (commissario alla Fiscalità). Assieme a un piano pluriennale dell'Euroesecutivo con venti azioni concrete per migliorare, entro il 2015, l'attuazione della vigilanza del mercato, che vanno dalle semplificazioni a una ipotesi di banca dati per reclami e infortuni sino a regole più chiare per le vendite online.
In ogni caso, il provvedimento – che ora affronterà l'iter di codecisione tra Parlamento e Consiglio e una partita dalla tempistica imprevedibile – dovrebbe uniformare anche le procedure di notifica dei prodotti pericolosi con una sinergia fra il Rapex (il sistema rapido di scambio di informazioni) e l'Icsms (il sistema di informazione e comunicazione per la vigilanza del mercato).
Secondo i dati della Commissione Ue, il sistema europeo di allerta rapida, Rapex, è stato attivato nel 2011 ben 1556 volte per segnalare la presenza di prodotti pericolosi sul mercato. Il 27% dei casi ha riguardato il settore tessile, il 21% i giocattoli, l'11% i veicoli a motore, l'8% gli elettrodomestici e il 7% i cosmetici. Si stima che nel mondo circolino beni contraffatti per 600 miliardi di dollari, cifra che raddoppierà nel 2015.
L'altro architrave del pacchetto resta la tracciabilità (la riedizione della tutela del "made in" ritirato lo scorso ottobre per obiezioni politiche e giuridiche): «il consumatore – ha sottolineato il vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani, ieri alla sede milanese dell'esecutivo Ue – sarà in grado di sapere cosa compra grazie a un'etichettatura che identifica chiaramente le caratteristiche e l'origine del prodotto. Per i beni fabbricati in Europa, l'impresa potrà scegliere se indicare genericamente "Made in Europe" o più precisamente, "Made in Italy" o altro singolo Paese nel quale il prodotto subisce la trasformazione principale e l'assemblaggio della maggioranza dei suoi componenti. Norma compatibile con le regole del Wto, in quanto non discriminatoria, perchè si applicherà allo stesso modo a merci Ue ed extra Ue». Etichettatura, documentazione tecnica, verifiche di conformità spettano a produttore, importatore e distributore. Le sanzioni civili e penali saranno stabilite dagli Stati membri. Ne restano fuori i prodotti alimentari, i medicinali, prodotti veterinari e di derivazione animale e l'antiquariato.
«Si tratta – ha detto Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia – di un importante passo avanti in direzione della difesa dei diritti dei consumatori, che consente di far capire perché i nostri prodotti hanno sovente un costo maggiore» Anche se Tronconi non nasconde la perplessità che «l'etichetta "made in Europe" possa non essere accettata, ad esempio negli Usa, visto che la Ue non è ancora una federazione di Stati».
«Misure essenziali per il made in Italy – secondo Franco Colombo, vicepresidente Confapi – perchè tanta componentistica per la nostra manifattura oggi è acquistata all'estero». Mentre per Giorgio Merletti (Confartigianato-rete Imprese) «le norme saranno sostenute anche dal mondo della distribuzione».
Concordi "bipartisan" le europarlamentari Amalia Sartori e Patrizia Toia (presidente e vice della commissione Industria del Parlamento Ue), per le quali servirà un'azione di sostegno da parte delle organizzazioni produttive europee.
«Prioritario – ha infine affermato Franco Manfredini, presidente di Confindustria Ceramica - è che il consumatore possa fare acquisti consapevole che i prodotti fabbricati in Europa applicano i più elevati standard di sicurezza al mondo».
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LA VICENDA
La prima proposta
La Commissione vara una proposta di regolamento a dicembre 2005 sul made in . Il Parlamento, in sede legislativa, a ottobre 2010, a larghissima maggioranza, la approva.
La partita in Consiglio
Mai favorevole. Contrari gli Stati del Nordeuropa.
Il ritiro e la riedizione
Il 23 ottobre 2012 la Commissione stralcia il dossier dal programma del 2013. Motivo: l'orientamento giuridico di tre sentenze Wto. Mercoledì Tajani la ripropone in un quadro di tutela dei consumatori.

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