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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2013 alle ore 14:35.

A rischio ci sono non solo le 3mila imprese, i 114mila posti di lavoro e gli oltre 50 miliardi di business legati all'industria chimica nazionale, ma il futuro di tutta l'economia del Paese e dell'Europa intera. E' il messaggio arrivato ieri da Ferrara, dove si sono svolti gli stati generali della chimica organizzati dai sindacati confederali e dove, per la prima volta, forze sociali, istituzioni locali, ricercatori, mondo accademico hanno fatto sistema per lanciare un grido d'allarme e un piano di rilancio: no ai tagli alla ricerca, sì a un piano nazionale di sviluppo e a un osservatorio per la chimica con politiche energetiche, formative e infrastrutturali adeguate.
«L'annunciato smantellamento di un centro ricerche d'eccellenza internazionale come il Natta di Ferrara è un tassello di un grande processo di ristrutturazione della ricerca chimica a livello mondiale che deve preoccupare non solo una città, una regione o una nazione – spiega l'economista Patrizio Bianchi, assessore regionale alla Ricerca dell'Emilia-Romagna, intervenuto ieri pomeriggio al convegno "Labor ergo sum" - ma tutta l'Europa. Le multinazionali chimiche stanno smontando la ricerca di base europea per spostarla negli Stati Uniti, è questo il livello dello scontro in atto. Ma un'Europa senza ricerca è un'Europa senza futuro».
Da qui la lettera scritta dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, ai ministri Francesco Profumo e Corrado Passera per segnalare le conseguenze drammatiche dell'abbandono dell'industria chimica e della ricerca in Italia, testimoniata dalla decisione della multinazionale LyondellBasell di Houston di ridurre di 105 unità gli organici del centro ricerche di Ferrara. Analogo il tono dell'interrogazione al Parlamento europeo firmata da Salvatore Caronna, Sergio Cofferati e Vittorio Prodi per sollevare il velo su un problema che a Ferrara ha già contorni precisi ma che è solo l'inizio di un processo pericolosissimo di impoverimento della competitività e del sapere del vecchio continente. Al centro R&S Giulio Natta della LyondellBasell - che a Ferrara ha il primo impianto mondiale per la produzione di polipropilene secondo il metodo del premio Nobel italiano - si parla infatti di un taglio del 25% del budget, 11 milioni su 47, e di 105 esuberi sui 500 ricercatori in organico. E sono passati pochi giorni da quando la Filctem Cgil ha diffuso il "bollettino di guerra" con oltre 20mila posti di lavoro a rischio nel settore in Italia, come conseguenza delle delocalizzazioni previste dalle multinazionali chimiche.
«Ieri per la prima volta – afferma il segretario generale Filctem Cgil, Emilio Miceli - abbiamo riunito al polo chimico dell'ateneo estense rappresentanti di tutti i grandi siti petrolchimici italiani, Mantova, Ravenna, Ferrara, Marghera, Sassari, Cagliari, Siracusa, Terni e Brindisi. E insieme abbiamo deciso di lanciare un messaggio chiaro e univoco al prossimo Governo: è necessario aprire un tavolo sulla nuova chimica mettendo insieme recupero territoriale e risorse per investimenti. L'obiettivo dell'Eni non può essere la cedola da staccare a fine anno per l'azionista pubblico. Deve tornare a essere il primo attore di un rilancio strategico della chimica italiana. Senza ricerca non c'è innovazione e senza innovazione non ci può essere futuro. Stiamo rischiando di disperdere un patrimonio di know-how e conoscenze che è l'unico vero valore aggiunto della nostra economia».
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