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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2013 alle ore 06:45.

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Via libera all'accordo che all'Ilva di Taranto perfeziona due mesi di cassa integrazione in deroga per 1.100 unità e spiana la strada a quella straordinaria per ristrutturazione chiesta nei giorni scorsi per 6.417 lavoratori sino a tutto il 2015. Con la regia del ministero del Welfare, rappresentato dal vice ministro Michel Martone, hanno firmato azienda, Fim Cisl e Uilm. Si è dissociata invece la Fiom Cgil.

La chiusura del capitolo cassa in deroga era fondamentale per avviare la nuova cassa straordinaria che l'azienda ha chiesto che decorra dal prossimo 3 marzo e vada in parallelo con gli interventi di risanamento ambientale della fabbrica previsti dall'Aia. La cassa in deroga l'Ilva l'aveva avanzata ai primi di gennaio per un massimo di 1.400 unità dell'area a freddo e di quella a caldo. In verità, si era trattato di una riproposizione, con numeri maggiori, di quanto già prospettato a dicembre ma non adottato per mancanza di copertura finanziaria da parte della Regione. E anche la nuova richiesta, motivata con gli effetti del sequestro delle merci disposto dalla magistratura e dalla fermata dei primi impianti per i lavori dell'Aia, era rimasta in sospeso benchè nel frattempo i lavoratori interessati fossero usciti dal ciclo produttivo. Ieri, quindi, il ministero ha ripreso la questione, dato il suo ok alla cassa in deroga e assicurato soprattutto la copertura finanziaria: circa 8 milioni di euro. Soldi che non è stato facile trovare, ha detto Martone ai sindacati, ribadendo come il Governo si sia impegnato per consentire contestualmente la continuità della produzione e la bonifica di un sito importante come Taranto per l'economia nazionale.

La cassa in deroga coprirà il periodo 1° gennaio-2 marzo del 2013 e riguarderà non i 1.400 chiesti dall'Ilva, ma «un numero massimo di 1.100 lavoratori». Sarà a zero ore negli impianti interessati da fermate totali e a «rotazione con frequenza tendenzialmente bisettimanale negli altri settori produttivi». Per come è stata configurata, questa cassa è la soluzione ponte che deve traghettare l'Ilva verso la cassa straordinaria il cui confronto di merito partirà nei prossimi giorni. E infatti nel testo dell'accordo per la cassa in deroga si dice che l'Ilva «ha elaborato un complesso piano di ristrutturazione» e che l'azienda ora «sta predisponendo tutti gli aspetti operativi che sarà finalizzato ad articolare in modo sistematico e complessivo tutti gli interventi che dovranno consentire il ritorno alle normali modalità di produzione, sia nell'osservanza delle prescrizioni ambientali sia nell'ottica di un tendenziale miglioramento della tecnologia applicata agli impianti». Sebbene non ci sia stata una discussione di merito sull'ulteriore cassa, ieri ministero, Ilva e sindacati hanno tuttavia firmato un altro verbale col quale l'azienda s'impegna «a prestare un elevato livello di attenzione a tutte le condizioni gestionali relative al personale onde alleviare l'onere per i lavoratori coinvolti». Anche questo verbale non è stato però firmato dalla Fiom Cgil
E si riaccende lo scontro tra Ilva e Procura a proposito della vendita delle merci sequestrate che i giudici hanno affidato ai custodi col compito di trasferire il ricavato economico in un deposito vincolato ai fini della confisca. In una nota, l'azienda afferma che «non intende dare il proprio consenso alla commercializzazione dei prodotti da parte di altri soggetti perchè lesivo del diritto di impresa e, dal momento che diversi ordini sono stati cancellati negli ultimi mesi dai clienti per l'indisponibilità della merce, si riserva di chiedere i danni a chi dovesse risultarne responsabile». L'Ilva conferma che impugnerà l'atto del gip Patrizia Todisco che dispone che i custodi possano vendere il milione e 700mila tonnellate di merci sotto sequestro.

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