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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2013 alle ore 08:20.

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MILANO
Non c'è traccia di carne di cavallo nei prodotti Nestlé sequestrati e analizzati a Torino. Invece il Dna equino è stato ritrovato nelle "Lasagne alla bolognese" prodotte da una piccola azienda emiliana, La Cucina di Bologna. Lo scandalo europeo della carne equina scoppiato a metà gennaio in Irlanda si incunea dunque in piena filiera agroalimentare italiana, tanto da far passare in secondo piano la buona notizia, arrivata ieri dall'Istituto zooprofilattico torinese, che tutti i campioni di carne bovina surgelata Nestlé, prelevati nello stabilimento Safim di None (To), sono negativi.
È infatti il primo test positivo su un tipico prodotto locale – primo riscontro in Italia della truffa di carne equina spacciata per bovina – a occupare le cronache e ad allarmare consumatori e autorità. A rilevare la presenza di carne equina – non dichiarata in etichetta – è stato l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia-Romagna, su un campione prelevato dai Nas in un supermercato di Brescia: sotto accusa le lasagne a marchio Primia (lotto 12326 con scadenza il 23 maggio 2014), prodotte e confezionate dalla ditta di San Giovanni in Persiceto, nel Bolognese, che a sua volta si difende: «Noi la carne di manzo la comperiamo, non la produciamo – fa sapere La Cucina di Bologna, dichiarando di rifornirsi da un'azienda bresciana – e ci arriva già confezionata con tanto di analisi e certificazioni, che abbiamo consegnato ai Nas». I carabinieri hanno comunque disposto il ritiro immediato dal commercio del lotto in questione e sequestrato in via cautelativa sei tonnellate di macinato e carne dichiarati come bovina e altre 2.400 confezioni di lasagne. Mentre su scala nazionale proseguono i controlli previsti dal piano ministeriale, che hanno portato finora a prelevare 292 campioni di 121 diverse marche sia negli stabilimenti produttivi, sia lungo la catena logistica e distributiva.
Ma è già troppo tardi, secondo le associazioni dei consumatori, che nei giorni scorsi avevano puntato l'indice contro gli inadeguati controlli sanitari e ieri hanno preannunciato l'effetto fuga dei consumatori nei confronti dei piatti precotti a base di carni, con danni non solo reputazionali ma anche economici per il Paese. Sebbene i pericoli per la salute, ricorda il nutrizionista Giorgio Calabrese, docente di Alimentazione alla Cattolica di Piacenza, «non siano legati alla carne di cavallo in sè, ma a ciò che la carne di animali non controllati e non allevati per la macellazione può contenere». Ovvero steroidi, ormoni, farmaci, soprattutto se si tratta di cavalli da corsa "in pensione". Tornano dunque in primo piano i temi della tracciabilità di filiera, dell'etichettatura trasparente e dell'opportunità per i grossi brand di utilizzare materie prime locali, come si sono impegnati a fare, ieri, i giganti della Gdo francese, Carrefour e Intermarché, nonché Findus Francia.
È Coldiretti a confermare, numeri alla mano, come le importazioni di carni equine siano massicce in Italia: «Solo il 25% della carne equina macellata qui deriva da animali nati, allevati e lavorati in Italia. Per soddisfare il fabbisogno nazionale – spiega l'associazione – sono stati importati l'anno scorso 30 milioni di kg di carne di cavallo, senza obbligo di indicarne la provenienza in etichetta». Quasi la metà arriva dalla Polonia, seguita da Francia, Spagna e in minima parte dalla Romania, primo imputato dell'horsegate che sta scuotendo l'Europa.
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LA VICENDA
I primi controlli
A innescare lo scandalo è stata
la denuncia delle autorità irlandesi di hamburger bovini distribuiti
da Tesco contenenti carne di cavallo. È scattato l'allarme in tutta Europa con controlli a tappeto
che hanno portato alla scoperta di prodotti freschi e surgelati (Findus, Picard) a base di carni equine invece che bovine, rifornite
dai francesi di Comigel e Spanghero
In Italia
Nestlé ha ritirato confezioni di tortellini e ravioli di manzo Buitoni in Italia e in Spagna, il 18 febbraio scorso, dopo che i test avevano rilevato tracce (1%) di Dna di carne equina; successivi controlli dei Nas sono risultati negativi su Nestlé,
ma non su operatori nazionali

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