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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2013 alle ore 17:35.

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Marcello Masi, direttore Tg2 (LaPresse)Marcello Masi, direttore Tg2 (LaPresse)

«Per tre anni la redazione è stata divisa, in due palazzine distanti 400 metri l'una dall'altra. Lascio immaginare il disagio, con i passaggi di personale e materiale, cassette e quant'altro». Il direttore del Tg2, Marcello Masi, si sofferma a più riprese su questo aspetto, per chiarire quanto «il passaggio alla nuova tecnologia non sia stato né semplice, né indolore». Il tutto con un'aggiunta: «Non credo che ci siano tante redazioni in grado di reagire come ha fatto quella del Tg2, con abnegazione, con consapevolezza e senza problemi. E parlo di giornalisti e personale del servizio pubblico, di cui spesso si parla, a torto, in termini ingiusti».

Masi, 54 anni – praticamente una vita nel Tg2 con qualche parentesi al Gr Rai e al Televideo – considera tutta la trafila e i disagi comportati dal nuovo sistema di produzione completamente digitale del Tg che dirige da settembre 2011 come il preludio a un «salto culturale» nel modo di fare informazione televisiva. Una «rivoluzione, che ci vede interessati per primi all'interno della Tv pubblica, visibile già ora soprattutto al nostro interno, con un impatto ancora maggiore in futuro». Sin dall'avvio – la prima edizione del Tg2 completamente digitale è andata in onda il 31 dicembre – Masi stesso ha chiarito che le immagini più nitide, qualche insert ipertestuale nel lancio dei servizi e il formato 16:9 sono gli aspetti del cambiamento immediatamente visibili ai telespettatori. Ma il vero cambio è e sarà sempre di più nei contenuti e nella metodologia di lavoro.

A iniziare dal fatto che ognuno dei 140 giornalisti della testata può vedere direttamente dal proprio computer le immagini «che dovranno essere sempre meno pensate come supporto e sempre di più come il vero fulcro dei servizi». Un passaggio non banale questo, secondo Masi, direttamente collegato «alla necessità di aumentare la qualità e di differenziare il prodotto. Aspetti vitali, questi, in un momento in cui si ha la possibilità di informarsi attraverso una grande varietà di mezzi e praticamente per tutta la giornata». Alla maggiore attenzione alla scelta delle immagini si uniscono anche tutte le accresciute possibilità di manovra che si hanno nella fase precedente la messa in onda: «Con il nuovo sistema digitale la scalettatura definitiva dei titoli può avvenire anche 7-8 minuti prima della messa in onda».

Dunque un prodotto sempre più "sulla notizia" che grazie al digitale avrà un altro plus, soprattutto in prospettiva, con «la possibilità per i giornalisti di andare in diretta in qualsiasi parte del mondo anche con uno smartphone o un tablet». Fin qui la parte più strettamente legata all'innovazione tecnologica «che ci ha anche permesso, per esempio, di fare un speciale con ben 30 collegamenti in diretta in occasione delle dimissioni del Papa». Le nuove possibilità date dal digitale sono però anche il pilastro attorno al quale edificare scelte chiare sul fronte squisitamente editoriale. Del resto, commenta sul punto Marcello Masi, «occorre arrivare, per esempio, la sera alle 20.30 con un prodotto che si differenzi rispetto alla concorrenza».

La chiave di volta sta così nell'approfondimento sul quale il direttore del Tg2 dichiara di voler puntare con sempre più decisione. Non certo aumentando il numero di rubriche, «visto che ne abbiamo già 11», ma pensando all'approfondimento come al core business del lavoro della redazione. Avere un prodotto diverso sarà la carta in più per affrontare un momento delicato per i tg generalisti, testimoniato dai cali di audience. Un traino non dirompente e gli sforamenti del Tg1, che hanno sollevato più di un malumore, sono gli altri punti a sfavore del Tg2 per il quale gli ultimi dati Auditel parlano di 500mila spettatori di media persi rispetto al primo trimestre dello scorso anno. «Per quanto ci riguarda – commenta sul punto Masi – nessuno si aspettava cambiamenti in questo senso con il passaggio al digitale. Non potevano essercene. Il trend calante, invece, è purtroppo comune a tutti. Noi però ci stiamo mantenendo attorno ai 7 punti e mezzo di share. E questo passaggio al digitale è uno snodo decisivo».

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