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Questo articolo è stato pubblicato il 10 marzo 2013 alle ore 08:20.

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Il no alla Tav Torino-Lione? Costa due miliardiIl no alla Tav Torino-Lione? Costa due miliardi

Le cifre esatte ancora non si conoscono e le stime cambiano a seconda di chi le dà. È dunque complicato, ad oggi, calcolare con precisione quanto possa costare all'Italia l'eventuale abbandono - e questa volta per sempre - del progetto della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.
Il Movimento 5 Stelle, che in Valsusa ha raggiunto medie di gradimento intorno al 40%, di gran lunga superiori ad altri territori d'Italia (segno che, nonostante quanto afferma parte della politica, la gran parte della popolazione locale resta fortemente contraria alla Tav), lo ha annunciato chiaro e tondo. E lo ribadirà con la partecipazione alla grande manifestazione organizzata a Susa per sabato 23 marzo. «Una delle prime proposte di legge che porteremo alla discussione del Parlamento – conferma Marco Scibona, da sempre no Tav ed eletto senatore nelle liste di Grillo - è quella relativa all'abolizione di tutti gli accordi internazionali sulla Torino-Lione». Un passo indietro che, però, potrebbe costare caro all'Italia: gli oppositori dell'alta velocità minimizzano e parlano di poche centinaia di milioni. Ma, cercando di mettere giù le prime stime, ancorché approssimative, la cifra supera senza dubbio il miliardo e potrebbe anche duplicare.

I costi
La logica del Movimento no Tav è quella del risparmio per il futuro, sacrificando la spesa del passato. «Perché - spiega Ivan Cicconi, esperto di appalti pubblici e autore del libro nero dell'Alta velocità – solo per fare un esempio mantenere il presidio delle forze dell'ordine alla Maddalena costa 15mila euro al giorno. Alla fine la spesa a cui lo Stato italiano dovrà far fronte è ben superiore ai 2,8 miliardi» previsti dal progetto preliminare della tratta transfrontaliera a carico dell'Italia. Di tutt'altro avviso chi, in prima linea, ormai da anni lavora per la realizzazione della linea. Abbandonare ora il progetto significherebbe, infatti, secondo il commissario Mario Virano, perdere come minimo 1,6 miliardi. O forse molto di più. Perché a quanto fino ad oggi è stato speso (circa 1 miliardo), ci sono da aggiungere i costi delle penali delle imprese che stanno lavorando al cantiere della Maddalena e dei progettisti che stanno disegnando la stazione di Susa, gli eventuali contenziosi dei dipendenti (una cinquantina) di Ltf, senza contare il danno d'immagine per il Paese o il rischio di un eventuale ricorso da parte della Francia. Che, nella valle della Maurienne, di discenderie preliminari per sondare i terreni del Tav ne ha scavate e ultimate ben tre.
«Il punto da cui partire per ragionare in modo corretto – ammonisce comunque Virano - è che la Torino-Lione si deve fare non per evitare di sprecare soldi già spesi, ma perché è un'opera utile e giustificata dai molti benefici che porterà al territorio. Poi, certo, bisogna anche tenere conto che, allo stato attuale, la scelta è fra l'avere speso un miliardo senza avere nulla in mano o lo spendere 2,8 miliardi per avere un'opera finita, con ricadute importanti anche in termini di posti di lavoro».

L'aspetto legale
Sotto l'aspetto legale revocare il Tav non è infattibile. Il nuovo trattato internazionale, firmato a gennaio 2012 e che segue quello del 2001, non è stato ancora approvato né dal parlamento italiano né da quello francese. Inoltre, come sottolineano i No Tav «nei trattati – prosegue Cicconi - non è scritto da alcuna parte che in caso di rinuncia si finisca con l'incorrere in penali. Anzi, gli stessi accordi mettono l'accento sull'eventualità che le condizioni finiscano con lo scoraggiare l'opera. Del resto, il governo del Portogallo ha cancellato il progetto di una linea Av fra Madrid e Lisbona e nulla è capitato». Anche su questo ribatte però il commissario. «Il trattato – spiega Virano – è come un matrimonio. Non ci si sposa mai pensando a quanto si dovrà pagare in caso di tradimento. Ma se poi il fatto capita, la legge prevede gli alimenti». La Francia ragionevolmente potrebbe presentare il conto all'Italia e chiedere, quantomeno, il ripristino dello stato dell'arte pre-discenderie.
Un esborso che forse vale l'opera: anche se, come mette in luce lo stesso Marco Ponti, esperto di trasporti e docente al Politecnico di Milano, la «Torino-Lione oggi non è altro che il tunnel di base e il progetto, in sé, non è sostenibile perché manca la domanda di traffico, che probabilmente non sarà sufficiente a ripagare neppure l'esercizio».

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