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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2013 alle ore 11:00.

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Il regime tariffario comune c'è dal 2010, il libero scambio di merci e persone è in vigore dal gennaio del 2012, ma dell'Unione eurasiatica fra Russia, Kazakhstan e Bielorussia le imprese italiane non approfittano ancora abbastanza.

La teoria ci dice che, grazie all'unione fra i tre paesi, il mercato russo - dove le imprese italiane sono ben radicate - può diventare un ponte strategico e a costo zero verso una realtà emergente dell'area (il Kazakhstan) e un'altra (la Bielorussia) ancora piuttosto inesplorata. Ma la pratica sembra andare in un'altra direzione: sarà anche colpa della crisi, ma i dati ci dicono che l'export italiano verso il Kazakhstan è calato dagli 819 milioni del 2011 (tra gennaio e novembre) ai 768 del 2012, mentre quello verso la Bielorussia è passato da 416 a 415 milioni, praticamente stazionario. Gli italiani rappresentano solo il 3,5% dell'interscambio totale dell'area, contro il 9% della Garmania, eterna nostra rivale sui mercati esteri.
Di questi temi, e delle opportunità non ancora colte, si parlerà giovedì a Milano, a Palazzo Besana, nell'ambito del seminario "L'Unione doganale fra Russia, Kazakhstan e Bielorussia" organizzato fra gli altri dall'Associazione Conoscere Eurasia, da Promos-Camera di Commercio di Milano e da Intesa Sanpaolo.
L'Idea di sfruttare la Russia come ponte è un'intuizione semplice: «Abbiamo 20mila esportatori italiani in Russia – spiega Marinella Loddo, dell'Ice – e tutti questi potrebbero trasferire a costo zero le merci negli altri due paesi. Per bielorussi e kazaki, del resto, la Russia è ancora il paese di riferimento: quando all'Ice vogliamo fare promozione in Kazakhstan, ad esempio, delle scarpe italiane, è a Mosca che invitiamo gli operatori, non ad Astana».

«Un anno rappresenta un lasso di tempo breve per misurare gli effetti di un processo che ha preso avvio operativamente nel 2010 con l'istituzione di una Unione doganale e nel 2012 con la dichiarazione di uno spazio economico comune e che rimane aperto in prospettiva a nuove adesioni di paesi Csi», spiega Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia nonché presidente dell'Associazone Conoscere Eurasia. «Inoltre la piena realizzazione dell'unione doganale – prosegue – richiederà alcuni anni, secondo una roadmap che prevede lo smantellamento già avviato di barriere tariffarie e non tariffarie, l'eliminazione di limitazioni anche burocratiche al movimento delle merci e all'insediamento di investimenti esteri e il completamento entro il 2020 delle procedure di armonizzazione delle leggi nazionali in campo bancario e assicurativo. Ciò detto, l'Unione rappresenta una opportunità importante per le imprese italiane, essendo un'area strategica per disponibilità di risorse e prospettive di crescita : tutte e tre le economie sono attese in crescita sostenuta nei prossimi anni».
Non tutto, beninteso, dello spazio economico comune e dell'unione doganale deve ancora essere completato. «L'omologazione delle tariffe all'ingresso è stata terminata, e questo è positivo per le nostre imprese che esportano nell'area», spiega Sergio Forelli, partner dello studio legale Pavia e Ansdaldo, presente a Mosca da una ventina d'anni. «L'altro vantaggio per le nostre aziende – prosegue – è che lo statuto dell'Unione prevede che, qualora uno dei suoi membri fosse entrato nella Wto, i suoi effetti positivi si sarebbero riflessi all'interno di tutta l'area. E la Russia è effettivamente entrata nell'Organizzazione mondiale per il commercio lo scorso agosto».

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