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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2013 alle ore 06:44.


FIRENZE
Sette manifestazioni d'interesse avanzate nelle settimane scorse, ma nessuna offerta pervenuta ieri, alla scadenza del termine fissato dal bando del curatore per Richard Ginori, storica manifattura di porcellane dichiarata fallita il 7 gennaio scorso dal Tribunale di Firenze. Per il salvataggio di uno dei simboli del made in Italy e della tavola di qualità, la strada si fa dunque in salita. «Valuteremo col giudice delegato perché nonostante l'interesse le offerte non si sono concretizzate, e poi decideremo se fare un secondo bando», afferma prudente il curatore fallimentare, Andrea Spignoli.
Troppi, secondo i pretendenti, i punti critici di questo bando che prevedeva un unico lotto – comprendente marchio, impianti e macchinari, rimanenze di magazzino e partecipazioni societarie – con un prezzo a base d'asta di 14,2 milioni, superiore ai 13 milioni offerti nella fase della liquidazione dalla cordata Lenox-Apulum, che aveva prevalso sulla proposta (7 milioni) della piemontese Sambonet per poi essere "bocciata" dal Tribunale col rigetto del concordato preventivo.
Proprio il prezzo di 14,2 milioni è stato uno degli ostacoli alla presentazione delle offerte per l'acquisto di Richard Ginori, ma non l'unico. Per Sambonet – che si dichiara «ancora molto interessata all'acquisto» – un problema enorme è rappresentato dal contratto di affitto dell'immobile di Sesto Fiorentino che ospita la manifattura, considerato troppo alto (900mila euro l'anno) e troppo breve (scadrà nel 2016). Il problema, in sostanza, è dove andare a produrre fra tre anni, posto che, come ha sempre dichiarato l'azienda piemontese specializzata in posate e porcellane (marchio Rosenthal), un investimento di 20-30 milioni per costruire un nuovo stabilimento non è sostenibile. Infine, un ulteriore elemento di debolezza (che incide sul prezzo) è rappresentato dal fermo produttivo che dura dall'estate scorsa, e che ha causato la perdita di quote di mercato e la necessità di manutenzioni sempre più profonde per far ripartire i macchinari.
Non si sbilancia sulle motivazioni che l'hanno fatta rinunciare all'offerta, invece, la multinazionale americana Lenox, alleata col produttore rumeno di porcellana Apulum, che pure pochi mesi fa aveva offerto un prezzo non molto distante da quello fissato dal curatore: in questa fase fa sapere di non avere nulla da dire, precisando che intende capire come evolve la situazione prima di decidere il da farsi. Stessa cosa faranno gli altri cinque pretendenti rimasti sulla carta, tutti soggetti americani e italiani. Per i 308 dipendenti di Richard Ginori, in cassa integrazione straordinaria fino al 7 gennaio 2014, quella di ieri è stata un'altra doccia fredda. I dipendenti hanno presidiato lo stabilimento di Sesto Fiorentino e chiesto subito un nuovo bando sempre con un lotto unico, senza ricorrere al temuto spezzatino. Garanzia che oggi, dopo la prima chiamata andata deserta, sembra allontarsi. I tempi per la decisione del Tribunale saranno stretti, anche se è sfumato l'obiettivo del curatore di vendere l'azienda prima della scadenza dell'esercizio provvisorio fissata il 7 aprile.
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14,2 milioni Il prezzo di partenza L'acquisizione è ritenuta troppo onerosa dai soggetti interessati

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