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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2013 alle ore 08:18.

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TARANTO
Piccoli segnali di ripresa all'Ilva dopo nove mesi di tensioni tra sequestri e scontri con la magistratura. Nell'area a freddo l'altro ieri è ripartita una delle due linee di finitura del Treno lamiere e di conseguenza sono tornati in produzione circa 250 addetti sui 370 totali. Il Treno lamiere preparerà la «materia prima» che, ai primi di aprile, consentirà poi ai due Tubifici di riprendere a funzionare: il Tubificio 1 marcerà con 21 turni settimanali, il 2, invece, con 5 turni. La forza lavoro dei Tubifici è di circa 400 unità. Treno lamiere e Tubifici si uniscono agli altri impianti dell'area a freddo in attività già da alcune settimane. E non si esclude che anche il Treno nastri 1, fermo da tempo e col personale in cassa, possa ripartire a breve se la Corte Costituzionale, esaminando la legge 231 sull'Ilva, dovesse riconoscerne la costituzionalità respingendo le eccezioni sollevate dai giudici tarantini. A quel punto, con l'ok della Consulta alla legge, l'azienda potrebbe commercializzare le merci bloccate dal sequestro di fine novembre e che nei giorni scorsi il Tribunale dell'appello ha sottratto alla vendita diretta da parte dei custodi giudiziari, ordinata invece dal gip Patrizia Todisco. Prima di mettere in vendita 1,7 milioni di tonnellate di prodotti e semilavorati, però, ci sarà probabilmente bisogno di rilavorare parte di questi materiali e quindi la necessità di affiancare alla marcia del Treno nastri 2 anche quella dell'1. Tutta l'area a freddo dell'Ilva, che non è mai stata sequestrata dalla magistratura, era stata progressivamente fermata dall'azienda, col ricorso alla cassa, a fronte del combinarsi di due problemi: la crisi di mercato e i sigilli dell'autorità giudiziaria a quanto prodotto prima del 3 dicembre, giorno in cui sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto da cui poi è nata la legge di conversione n.231. Adesso una serie di impianti vengono rimessi in produzione sia perché c'è domanda da soddisfare, sia perché Ilva ha bisogno di fatturare e di non perdere più commesse dopo averne persa una in Usa (25 milioni di dollari per 25mila tonnellate di tubi per un gasdotto) proprio nelle settimane del blocco giudiziario alle merci.
E intanto Ilva e sindacati hanno già avuto un incontro sull'attuazione dell'accordo sui contratti di solidarietà firmati al ministero del Welfare giovedì scorso. I sindacati hanno chiesto all'azienda chiarimenti su come, con la solidarietà, saranno disciplinati ferie, malattia, notturni e festivi. L'accordo prevede 3.749 esuberi ma a ruotare, nella solidarietà, saranno 11.050 lavoratori – quasi tutta l'Ilva – con una percentuale media del 34% di riduzione dell'orario di lavoro. Operativamente i contratti di solidarietà partiranno dai primi di aprile. Ai lavoratori che il 2 marzo hanno concluso la cassa, l'azienda ha inviato una lettera con la quale li informa del nuovo ammortizzatore cui saranno assoggettati.
Intanto, sul fronte Acciaierie di Terni, la cordata italo-lussemburghese con Aperam, Marcegaglia e Arvedi sta preparando la propria offerta. In gara potrebbero scendere anche altri tre concorrenti. Sono stati in 4 a visitare gli impianti in questi mesi: due delegazioni espressione di soggetti industriali e due emissari di fondi di investimento. Tra le realtà industriali c'è anche la cinese Tsingshan.
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