Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2013 alle ore 11:24.

My24

Nel 2013 gli investimenti fissi della pubblica amministrazione perderanno un altro 2,15% scendendo da 30.409 a 29.757 milioni di euro. Lo chiarisce l'ultimo aggiornamento del conto tendenziale della pubblica amministrazione, inviato in Parlamento dal Governo Monti la settimana scorsa.

Il documento prevede anche una sostanziale tenuta (+0,1%) della spesa in conto capitale per infrastrutture e impianti nel 2014, con un'ulteriore caduta, però, del rapporto tra investimenti pubblici e Pil: dal 2,2% del 2010 si è scesi all'1,9% di quest'anno e si scenderà ancora all'1,8% l'anno prossimo.

È forse questo l'indicatore più significativo della lenta e inesorabile perdita di ruolo degli investimenti pubblici nell'economia italiana, se si pensa che nel 1981 quel rapporto era del 3,5%, nel 1991 del 3,1%, nel 2001 del 2,4%. Un motore potente alimentato dalle politiche del debito pubblico, non il ruolo marginale che la spesa pubblica in conto capitale è destinata a giocare oggi.

Lo scalino più ripido in questa discesa è stato sceso nel biennio 2010-2011, con la perdita di mezzo punto percentuale di Pil, dal 2,5% del 2009 al 2% del 2011. Erano gli anni in cui il ministro dell'Economia Giulio Tremonti imponeva non solo un duro stop al finanziamento del piano nazionale delle grandi opere strategiche, ma anche una forte stretta ai vincoli del patto di stabilità interno delle amministrazioni locali, con il risultato di ridurre verticalmente gli investimenti (e i pagamenti alle imprese per i lavori già fatti) di Comuni e Province.

La continuità della politica di austerità sorda ai temi dello sviluppo di Via XX Settembre non è stata messa in discussione neanche con il Governo Monti e il ministro Grilli. Quasi tutto è continuato come quando al ministero c'era Tremonti: la marginalità delle politiche per le infrastrutture e per il territorio si è potuta toccare con mano e non sono mancati i conflitti, a più riprese, con il ministero delle Infrastrutture. Solo oggi, con lo sblocco dei 40 miliardi di pagamenti dovuti alle imprese, arriva un tardivo segnale di discontinuità.

Ma siamo lontani da una visione strategica. Quella visione strategica che per un attimo era stato proprio Tremonti a lanciare con la cosiddetta legge «Tremonti infrastrutture» si è affacciata a sprazzi anche con il Governo Monti ma senza mai comporsi in un disegno organico. La sfida è quella di ridare alle infrastrutture e alle politiche del territorio un peso rilevante nell'economia italiana senza però puntare sulla leva del debito pubblico, ormai inutilizzabile. La strada stretta e difficile è quella della partecipazione dei capitali privati al finanziamento delle opere infrastrutturali e urbane. Una strada che richiede rigore nella definizione delle regole (perché gli operatori siano posti di fronte a regole identiche valide per tutti) e una selezione severa delle opere, che dovranno avere una domanda di traffico forte per essere interessanti sotto il profilo economico-finanziario. Soprattutto questa strada richiede un quadro certo di incentivi fiscali per i privati che investono: un sostegno ex post – cioè a opere realizzate – ben diverso dai finanziamenti ex ante a fondo perduto tipici dell'era del debito pubblico.
Questo percorso è stato avviato dal Governo Monti con le defiscalizzazioni, il credito di imposta per le opere di importo superiore a 500 milioni e il nuovo regime fiscale per i project bond, ma i limiti, i tetti e le incertezze rendono questo quadro ancora provvisorio e incerto. Soprattutto limitato a un numero ristretto di grandi opere senza incidere sulle politiche urbane delle piccole opere. Solo un ministero dell'Economia votato anche allo sviluppo potrà portare a compimento il traghettamento dall'era del debito a quella delle infrastrutture private, colmando il gap che da 30 anni indebolisce strutturalmente l'economia italiana.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi