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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2013 alle ore 18:12.

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La buona notizia è che a marzo 2013 il 65,5% degli operatori ha compiuto il "grande passo". Quella meno buona è che a questo punto restano 693 esercizi con un dilemma davanti: investire da qui a otto mesi per assecondare il cambiamento oppure chiudere definitivamente i battenti. Il cinema è di fronte a una svolta di portata storica. E si sa che la storia non chiede il permesso: dall'1 gennaio 2014 i distributori sospenderanno l'utilizzo delle tradizionali pellicole a favore del più versatile supporto digitale.

Scelta determinata da ragioni di necessità tecnica (Kodak e Fuji, i principali due produttori di pellicola al mondo, stanno abbandonando la celluloide) e opportunità economica (il prezzo di una singola "pizza" è lievitato fino a quota 2mila euro). Effetto dirompente per le sale cinematografiche che, se non si attrezzeranno per lo switch off con proiettori di ultima generazione, usciranno dal mercato. Qualcosa si sta muovendo: secondo Cinetel, a marzo di quest'anno sono 1.318 gli schermi digitalizzati, ossia il 65,5% del totale. Soltanto un anno fa eravamo a quota 53,8 per cento. Il tasso di penetrazione del digitale a livello mondo è del 75%, in Europa scende al 70% e vede la leadership di Francia e Gran Bretagna, entrambe appaiate a quota 95 per cento. Germania in linea con le performance italiane, Spagna parecchio indietro (46%).

«Non c'è dubbio – commenta Richard Borg, presidente dei distributori di Anica – che negli ultimi mesi i nostri gestori si sono dati una bella mossa per non ritrovarsi fuorigioco. È vero che si tratta di sostenere un investimento in tempi di crisi, ma è altrettanto vero che esistono strumenti di sostegno pubblici e privati per chi passa al digitale». Lo scenario di mercato che fa da sfondo al cambiamento non è infatti un quadretto idilliaco: nel 2012 gli incassi di botteghino sono calati del 7,9% rispetto all'anno precedente, attestandosi sui 608,9 milioni. E digitalizzare una sala comporta un investimento che si attesta intorno ai 60mila euro. «Ma si tratta di un investimento – prosegue Borg – che si riesce ad ammortizzare nel giro di qualche anno». Soprattutto considerando gli incentivi in essere: lo Stato, per esempio, con l'articolo 51 del decreto Sviluppo 2012 ha concesso il «Tax credit digitale», un credito d'imposta del 30% che può essere anche ceduto ad altri soggetti. Le regioni Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto hanno messo in campo incentivi a valere sulla programmazione europea. Anche i distributori hanno elaborato un modello di sostegno per la digitalizzazione delle sale: si tratta del cosiddetto "Virtual print free" che offre in sei anni un contributo pari al 75% dell'investimento sulla base di un accordo strutturato sui titoli di scuderia proiettati.

Per chi non volesse poi effettuare in proprio l'investimento, esistono persino offerte ad hoc da parte di società di leasing. «Gli strumenti esistono, – spiega Lionello Cerri, presidente di Anec, associazione dei gestori di sale – forse il più grande limite di come qui in Italia si sta gestendo il processo è il fatto che come al solito ci si muove in ordine sparso. Im Francia c'è stata una regia comune: lo Stato ha concesso aiuti per 120 milioni e i risultati si sono visti. Stiamo facendo pressing in questo senso con il ministero dei Beni culturali. Serve un progetto strategico sulla filiera del cinema, intesa in maniera complessiva. Che tuteli i soggetti più deboli». Che clima si respira, per esempio, alla vigilia dello switch off tra i gestori dei cinema d'essai? «Anche nella nostra nicchia di mercato – risponde Mario Lorini, presidente dell'associazione di categoria Fice – il tasso di penetrazione è di circa il 60 per cento. Lo sforzo che chiediamo al Mibac è individuare operatori di rilevanza culturale che non riescono a sostenere l'investimento e aiutarli. Mi riferisco per esempio alle sale parrocchiali che, nella provincia profonda, a volte rappresentano dei presidi di socializzazione e crescita umana imprescindibili». Un mondo che non possiamo permetterci il lusso di perdere.

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